mercoledì 20 gennaio 2010

Craxi e l’Italia della chitarra e mandolino

La lettera di Napolitano e la commemorazione al Senato sono colpi mortali alla verità.

Questo Paese forse non ha davvero più scampo. Scrivere della lettera mandata alla famiglia del leader socialista dal presidente della Repubblica ha imposto una giornata di riflessione.
Poi la ‘commemorazione’ di un latitante al Senato ha dato il colpo di grazia a qualsiasi sogno di lucidità. Perchè ogni cosa ha un valore, oltre il senso stesso delle parole, per il suo carattere simbolico.
Giorgio Napolitano è un uomo anziano, ha sulle spalle la sua cultura ed esperienza di vita, è di certo una persona onesta ed irreprensibile, ma con la sua decisione di rilanciare l’ennesima ‘pacificazione’ ha scelto di rappresentare quell’Italia accattona e provinciale che da decenni (se non di più) sta uccidendo qualunque ipotesi di progresso.




L'uguale e il diverso

Forse è proprio vero: una ventata gelida di razzismo sta spazzando l’Italia. Lo ha sostenuto di recente L’Osservatore Romano; lo ha ribadito Sergio Harari sul Corriere; ce lo aveva addirittura ricordato l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (una agenzia dell’ONU) soltanto qualche mese fa. La vulgata popolare ne vorrebbe una paternità esclusivamente leghista. Del resto, la chiamata alla “guerra santa” e alla “nuova Lepanto” contro gli islamici; il Natale che diventa “bianco” non per la neve ma per il colore della pelle; le “pulizie etniche” ventilate per i “culattoni” e la “tolleranza a doppio zero” per i bambini Rom (frasi da cui nessun esponente della dirigenza leghista si è dissociato, nonostante siano costate a chi le ha pronunciate una condanna per istigazione al razzismo) sembrerebbero non lasciare spazio ai dubbi.

Altri fatti, tuttavia, impongono una considerazione meno semplicistica del problema. Due esempi: la “caccia al negro” che diventa motivo di vanto per i ragazzi di Rosarno (lo racconta Marco Rovelli), di cui è difficile pensare una affiliazione al partito di Bossi; e gli insulti a Mario Balotelli, pronunciati negli stadi di tutta Italia, da Torino a Verona passando per Cagliari, da tifoserie di ogni colore politico. A cui oggi se ne aggiunge un terzo: il cartello appeso sulla porta di un negozio di abbigliamento di Empoli, che reca la scritta “vietato ai cinesi“. Il titolare si difende, sostenendo che non si tratti di razzismo ma di una misura per evitare che falsi clienti dalla pelle gialla si aggirino tra la merce con l’unico intento di copiare rifiniture e cuciture. “I clienti sono dalla mia parte“, aggiunge. E si sa, il cliente ha sempre ragione.




martedì 19 gennaio 2010

L'elettroregime


Leggi ad personam. Conflitto di interessi. Ci siamo abituati. Ma non basta per comprendere lo scenario politico e culturale italiano. Giustizia e comunicazione (attorno alla vecchia prepotente televisione generalista e generale) sono - è vero - il cemento di potere della destra. Tuttavia, siamo ormai al di là delle previsioni pessimistiche d’inizio legislatura. E’ in atto davvero un tentativo di dar vita ad un ‘elettroregime’. Come prima, più di prima. E infatti. Per ciò che concerne i media, antichi e moderni o post-moderni, ci sono due novità enormi. Da ultimo, il decreto firmato dal ministro per i beni culturali Bondi sulla rideterminazione del compenso per la ‘copia privata’ e, ancor più, il decreto legislativo di Natale che intende a suo modo dare attuazione alla direttiva europea ‘Audiovisual Media Services’ (ex Direttiva ‘Tv senza frontiere’).




lunedì 18 gennaio 2010

Ricordando i viaggi di Craxi

La Fondazione Craxi è stata creata il 18 Maggio 2000 con l’obiettivo della «tutela della personalità, dell’immagine, nonché del patrimonio culturale e politico di Bettino Craxi». Anche quest’anno ha ricevuto il suo contributo statale dal Ministero della Cultura. In questi giorni è impegnata nel raggiungimento del suo obiettivo, come ci comunica il sito del Pdl:


«In occasione del decimo anniversario della scomparsa dell’On. Bettino Craxi, la Fondazione intitolata al leader socialista, presieduta da Stefania Craxi, ha in programma una serie di importanti iniziative. Innanzitutto il viaggio ad Hammamet che si svolgerà dal 15 al 17 gennaio. Nel corso della permanenza in Tunisia, la Fondazione Craxi ha organizzato per la serata del 16 gennaio (ore 21.30 presso l’Hotel “Mehari Golden Yasmine” di Hammamet) la proiezione in anteprima del nuovo docu-film “Esilio”. Domenica 17 gennaio alle ore 10.30 si terrà la cerimonia in ricordo di Bettino Craxi presso il cimitero cristiano di Hammamet. Alla commemorazione prenderanno parte il Ministro degli Esteri, Franco Frattini, il Ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, ed il Ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta. Martedì 19 gennaio alle ore 10.00 la Fondazione Craxi terrà a Roma, presso la Sala degli Atti Parlamentari del Senato della Repubblica (Piazza della Minerva 38), la celebrazione ufficiale della figura di Bettino Craxi. Al saluto introduttivo del Presidente del Senato Renato Schifani, seguirà la Relazione di Stefania Craxi sul tema “Attualità del pensiero politico di Bettino Craxi”. I lavori proseguiranno con una Tavola Rotonda alla quale prenderanno parte, tra gli altri, Luigi Angeletti, Tarak Ben Ammar, Renato Brunetta, Giuseppe De Rita, Franco Frattini. Le conclusioni saranno affidate alle parole del Ministro Maurizio Sacconi.




sabato 16 gennaio 2010

Da ottobre la censura è stata bucata 84.000 volte: grazie a te!

Mala Tempora Currunt è nato tre mesi fa, e ha avuto risultati che io considero strabilianti: voglio condividerli con voi, che venite spesso e volentieri su questo blog per leggere notizie o punti di vista che sui principali mezzi di comunicazione non trovano posto.




Dal 16 ottobre 2009 ci hanno visitato
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venerdì 15 gennaio 2010

Numeri

L’Istat ha pubblicato giusto ieri un resoconto statistico “per capire il Paese in cui viviamo” (così sta scritto nel titolo).
E’ interessante, perché smentisce alcuni luoghi comuni.


Gli stranieri residenti in Italia nel 2009 erano 3.891.295, ossia il 6.5% della popolazione totale. Tanti, pochi? Diciamo che in Spagna sono l’11.6%, in Germania l’8.8%, in Regno Unito il 6.6%, in Francia il 5.7%. Dalle statistiche mancano i clandestini, è vero, ma mancano pure negli altri Paesi e, secondo l’Ocse, il fenomeno è più o meno analogo in proporzione anche altrove.

Ma il dato più interessante è un altro. La comunità straniera più presente (circa 800mila persone) è quella romena, con il 20.5% sul totale; poi l’albanese con l’11.3%, la marocchina (10.4%), la cinese (il 4.4%), l’ucraina (il 4.0%), la filippina (il 2.9%), la tunisina, la polacca, l’indiana, la moldava. Il dato che colpisce è che di queste dieci comunità più numerose, solamente in due la religione nettamente prevalente è quella musulmana e comunque il loro numero complessivo non è così esagerato. Forse quando parliamo di immigrazione e la riduciamo alla religione musulmana e ai problemi che essa pone in termini di integrazione multiculturale dovremmo pensarci un po’, guardare prima queste cifre.




Il bene non fa notizia



E’ passata ingiustamente sotto silenzio la morte, all’età di cento anni, di Miep Gies. Il mulo da soma, la definì Anna Frank.

Il Corriere della Sera on line ha ignorato il decesso di questa eroina dei nostri tempi, ma non quello di un centoquattrenne americano che negli anni Trenta sollevava tre quintalate di roba con il dito mignolo, mentre la Repubblica on line ha confinato la notizia tra un ippopotamo e Pitti Uomo. Poco o niente spazio nei tg, che preferiscono dedicarsi ai writers che dipingono le saracinesche dei negozi e degli avvocati che partono per l'Alaska in cerca di avventure (no, non sto esagerando: era il Tg1 di stasera martedì sera).





Italia dall'estero: «L’Onu chiede alle autorità italiane di intervenire»

Un famoso quotidiano tedesco parla del caso di Rosarno:


Le Nazioni Unite criticano aspramente le autorita’ italiane per le aggressioni contro gli immigrati in Calabria. Lo stato avrebbe dovuto combattere piu’ fortemente il razzismo, dicono alcuni rappresentanti delle Nazioni Unite. La politica deve orientarsi agli “standard internazionali” per i diritti umani.



Dopo le rivolte con 67 feriti in Calabria è cominciato un dibattito sulla violenza contro gli immigrati in Italia. Martedi’, le Nazioni Unite hanno chiesto alle autorità italiane di combattere fortemente tali eventi di razzismo. Un rappresentante della Conferenza Episcopale Italiana ha messo in evidenza che i diritti umani dei migranti devono essere rispettati.
Jorge Bustamante e Githu Muigai, delegati speciali delle Nazioni Unite per i diritti dei migranti e contro il razzismo, hanno dichiarato a Ginevra che le autorità italiane dovrebbero adottare “tutte le misure necessarie per combattere il crescente atteggiamento xenofobo nei confronti dei lavoratori migranti”. E’ più che mai necessario che le autorità prendano provvedimenti contro il “discorso di odio” e perseguitino “le azioni razziste e violente di individui”. Contemporaneamente, i rappresentanti delle Nazioni Unite chiedono alle autorita’ italiane di migliorare le “terribili condizioni di lavoro e vita” degli immigrati. In piu’ deve essere perseguita una politica di immigrazione coerente con “le norme internazionali di diritti umani”.




Dal dito alla luna: perché l’immigrazione in Italia è una risorsa e non una minaccia


Dopo i tragici fatti di Rosarno, si è fatto un gran parlare di immigrazione. Bondi ha dato la colpa alla sinistra, la sinistra ha dato la colpa a Maroni, Maroni l’ha data a chi è stato “troppo tollerante” con i clandestini, Feltri se l’è presa con chi spara ai “negri” invece di sparare ai mafiosi e Battista se l’è presa con Feltri perché ha usato una g di troppo. Per sgombrare il campo da pregiudizi di natura politica, e farsi un’idea di come le statistiche ufficiali catturino il fenomeno, consiglio la lettura della relazione di Fadi Hassan e Luigi Minale per Quattrogatti.info intitolata L’immigrazione in Italia: risorsa o minaccia? che, nello stile oramai consueto del gruppo di lavoro, unisce semplicità e rigore informativo.
I dati raccolti dal duo ci aiutano a sfatare alcuni miti. Prima di tutto, quelli riguardanti il mercato del lavoro: non è vero, ad esempio, che gli stranieri sottraggano lavoro agli italiani o ne causino una diminuzione del salario; e questo, si badi bene, nemmeno (se non in piccola parte) per la manodopera meno qualificata. Le caratteristiche di complementarietà del mercato del lavoro immigrato e nativo fanno addirittura sì che la presenza dei primi abbia impatti positivi sui secondi in possesso di un titolo di laurea e sull’impiego femminile.
E ancora: gli immigrati non sono affatto un costo per lo Stato. In termini fiscali, infatti, questi ultimi sono responsabili del 4% delle entrate e solo del 2,5% delle spese. Il tutto producendo il 10% del PIL nonostante immigrato sia solamente il 6,5% della popolazione. E abbassando, grazie alla giovane età, l’indice di dipendenza di un Paese le cui spese pensionistiche e per la sanità costituiscono una imponente voce di costo. Per questa ragione è vero, concludono Hassan e Minale: gli immigrati “pagano le nostre pensioni”.




giovedì 14 gennaio 2010

Internet, il Governo prepara il bavaglio


Il decreto con il quale il Governo si appresta a dare attuazione alla delega per il recepimento della direttiva Audiovisual Media Services (ex Direttiva TV senza frontiere) può a buon diritto definirsi un caso paradigmatico di conflitto di interressi. Al di fuori di qualunque previsione della direttiva e della stessa legge di delega lo schema presentato al Parlamento introduce, del tutto illegittimamente, tutta una serie di disposizioni che tendono da un lato ad impedire lo sviluppo di istruttorie in corso presso l’AGCOM, come nel caso dell’esclusione dal novero dei programmi tv delle trasmissioni Mediaset +1 o do quelle pay tv e pay per view per eludere la soglia di legge del 20%, da un altro ad eliminare le regole sui diritti residuali e sulle quote di produzione in favore dei produttori indipendenti o per rendere meno stringenti di quanto non siano già le norme in materia di pubblicità (esclusione delle telepromozioni e delle televendite dal computo del limite del 20% dell’affollamento pubblicitario quotidiano, riduzione da 45 a 30 minuti dell’intervallo tra una pubblicità, product placement consentito in modo indiscriminato in tutte le trasmissioni).
Tuttavia quello che è più grave il testo prevede pesanti disposizioni che tendono in qualche modo a controllare la rete.




Veto del governo sulla tv online


"Una riforma che cambia completamente le norme che regolano tv e Internet in Italia” e tutto ciò senza coinvolgere il Parlamento. Sono parole allarmate quelle di Paolo Gentiloni, responsabile Comunicazioni del Partito democratico: così commenta il decreto legislativo presentato dal Parlamento ora approdato in Camera e Senato per un parere obbligatorio ma non vincolante.

Il governo aveva la delega del Parlamento per recepire una direttiva europa: "Tv senza frontiere". "Una delega di sei righe" specifica Gentiloni.
Il governo ha presentato un testo di 40 pagine che contengono quella che appare come una riforma articolata. Il provvedimento prevede infatti una riduzione della pubblicità per i canali Sky; la cancellazione delle norme che tutelano il cinema italiano e la fiction indipendente; una revisione di ciò che costituisce un “programma televisivo” in maniera di permettere a Mediaset di superare il limite del 20 per cento dei ricavi complessivi del sistema integrato delle comunicazioni (Sic), previsto dalla legge Gasparri.

Ma le disposizioni riguardano anche Internet. In particolare: 1) la trasmissioni audio-visive su Internet (Web tv, dirette streaming, ma anche YouTube o YouReporter) necessiterà di un’autorizzazione del governo per operare; 2) sarà obbligatoria anche per non meglio specificati "notiziari Web" la rettifica prevista per i telegiornali ; 3) è demandata all’Agenzia delle Comunicazioni (di nomina politica) la stesura di un regolamento sul diritto d’autore per tutelare i produttori di servizi audiovisivi (quindi contro il download).
Anche Vincenzo Vita del Pd definisce le misure proposte: “Un nuovo codice delle comunicazione fatto senza il Parlamento”. E’ prevista per oggi la conferenza stampa delle opposizioni contro questo decreto che potrebbe diventare operativo molto presto.




Portarsi avanti: a cosa serve il decreto Romani


E’ straordinario come, con un solo decreto, quello firmato Paolo Romani, il governo Berlusconi voglia ottenere tre risultati, uno meno encomiabile dell’altro.
Il primo, vabbeh, è danneggiare Sky, in pratica l’unico attuale concorrente di Mediaset. E’ da più di un anno che la strategia va avanti: prima hanno speso una valanga di soldi pubblici per il digitale terrestre, poi hanno alzato le tasse sugli abbonamenti Sky, poi hanno portato via i canali satellitari Rai dalla piattaforma Sky, adesso gli riducono gli spot per legge ( presto ci sarà da divertirsi con il nuovo contratto di servizio). In un paese in cui il premier non fosse anche il proprietario di Mediaset, potremmo anche dire chissenefrega. In Italia fa schifo, perché è un’alterazione del mercato per favorire un concorrente (che è anche il capo del governo) contro un altro.
Il secondo è una cosa che potremmo chiamare conflitto d’interessi preventivo, ovvero portarsi avanti per schiacciare la concorrenza futura.




Il governo colpisce Murdoch e inventa lo sceriffo di internet

Il Garante delle Comunicazioni dovrà vigilare sul rispetto delle regole sul diritto d’autore nel web. E i prodotti informativi della rete dovranno rettificare le notizie sbagliate come il tg1 o il tg5. Mentre per Sky arriva il taglio della pubblicità.

Lo scrive Aldo Fontanarosa su Repubblica di oggi: il decreto di Natale famoso per aver tagliato la pubblicità a Sky, imponendo un tetto per la raccolta che in teoria vale per tutti, visto che è applicato sia sul digitale che sul satellite, ma in pratica colpisce soltanto l’emittente di Murdoch, contiene anche qualche norma pensata ad hoc per il web. Tanto per gradire.


GOVERNO CONTRO SKY – Gina Nieri di Mediaset aveva detto che la legge non era un favore al Biscione: “La riduzione progressiva del limite di affollamento orario degli spot per la pay tv colpisce noi come Sky: non è che non risentiamo di questa misura perché siamo l’azienda del presidente del Consiglio”. Il taglio riguarda infatti anche le attività pay di Mediaset, “un elemento in forte crescita nel nostro gruppo”- dichiarava al Giornale. Un’interpretazione contestata da Roberto Rao (Udc), della Vigilanza Rai: “Il governo si conferma più impegnato a porre dei freni all’espansione di concorrenti dell’attuale assetto Rai-Mediaset, piuttosto che attuare i meccanismi di contrasto all’evasione del canone del servizio pubblico. Il tetto pubblicitario alla raccolta delle pay tv serve a limitare Sky e seppure formalmente interessa anche la pay di mediaset, è pur vero che questa ancora non raggiunge neanche la quota del 12% della pubblicità e quindi non ne viene danneggiata”. Una nuova legge a favore del duopolio RaiSet? “Non lo so. Quel che è certo è che la Rai con queste norme non ci guadagna nulla, mentre invece il resto del gruppo Mediaset potrà giovarsene, e di molto. Il governo in aula ha accolto un mio ordine del giorno teso ad agganciare il canone Rai alle bollette energetiche. Alla ripresa dei lavori, vedremo se la maggioranza sarà capace di passare dalle parole ai fatti, oppure proseguirà nella politica di interventi tesi solo a contrastare gli avversari dell’attuale quadro televisivo”.




Il terremoto è comunista



Haiti conta 50mila morti secondo alcune autorità, 100mila secondo altre, 500mila secondo altre ancora. Ma a Port-Au-Prince, per Vittorio Feltri, non sono morte 500mila persone: erano mezzo milione di anticapitalisti.


Se questo è un uomo...

Ad Haiti catastrofe anticapitalista: Vittorio Feltri è un uomo? VOTA





Augusto Minzulpop/6

E cinque: Minzolini ha finalmente raggiunto il pokerissimo e oggi ci ha regalato la sua quinta perla di saggezza. L’editoriale odierno si è concentrato su un tema particolarmente caldo, Tangentopoli. Il direttore del tg1 si è sentito in dovere di dirci la sua opinione su Bettino Craxi. Ne riportiamo le testuali parole.


«Della sua figura si discute molto: c’è chi vorrebbe dedicargli una strada e chi si oppone, chi lo considera un grand’uomo e chi un mezzo delinquente. È arrivato il momento di guardare la sua vicenda con gli occhi della storia: Craxi è stato trasformato nel capro espiatorio di un sistema che era stato l’ultimo residuo della guerra fredda. Una democrazia costosa permise al Paese di restare per cinquant’anni nel mondo libero: da un lato i partiti che governarono la prima repubblica con i loro pregi e difetti, dall’altro il più grande partito comunista occidentale, con i suoi rapporti con l’Urss. Con la caduta del muro di Berlino, per il solito paradosso italiano, i vincitori, quelli che erano sempre stati dalla parte giusta, invece di ricevere una medaglia furono messi alla sbarra. Basti pensare che il reato portante di Tangentopoli, cioè il finanziamento illecito ai partiti, era stato oggetto di un’amnistia appena due anni prima: un colpo di spugna che preservò alcuni e dannò altri. La verità è che ad un problema politico fu data una soluzione giudiziaria. E l’unico che ebbe il coraggio di porre in questi termini la questione, cioè Craxi, fu spedito alla ghigliottina. Per questo Craxi non volle mai vestire i panni dell’imputato. È di quegli anni il vulnus che alterò l’equilibrio nel rapporto fra politica e magistratura. Un vulnus che per quasi un ventennio ha fatto cadere governi per inchieste che spesso non hanno portato da nessuna parte e che ha lanciato nell’agone politico i magistrati che ne erano stati protagonisti, e già per questo avrebbero dovuto dimostrare di non essere di parte. Ecco perché non ha bisogno di nessuna riabilitazione l’uomo, che accettando coraggiosamente da socialista e riformista gli euromissili, contribuì, insieme a Reagan e a papa Woityla, a mettere in crisi l’Urss, che disse di no agli americani nella crisi di Sigonella e affrontò i referendum sulla scala mobile. Il destino di Craxi, la sua carriera fatta di luci e di ombre, è comune a molti dei grandi personaggi di quel periodo complesso. Addirittura Helmut Kohl riunì le due Germanie e poi finì sotto processo. Ma per la storia Craxi va già ricordato oggi come uno statista».




mercoledì 13 gennaio 2010

Appello per la pagina "Berlusconi chi è?"

Leggo e ripubblico questo appello: leggetelo con attenzione e seguite le istruzioni! Grazie.


L'amministrazione di Facebook ha appena bloccato la pagina "Berlusconi chi è?" perché a loro avviso sono state violate le condizioni d'uso del social network.
Chi segue la pagina sa che si tratta di una pagina d'informazione, in cui non è presente materiale offensivo e tutte le notizie pubblicate provengono dalla rete.
Abbiamo provveduto a inviare un'email e restiamo in attesa di una risposta, in ogni caso sino a quando la pagina non verrà ripristinata, sarà impossibile pubblicare note, video, foto, ecc.
Chiediamo gentilmete di aiutarci inviando questa breve email all'indirizzo warning@facebook.com dall'indirizzo di posta elettronica con cui siete iscritti su Facebook:

Dear Facebook team, I am a Facebook user and I kindly ask you to re-open the page "Berlusconi chi è?", which has the following URL: http://www.facebook.com/pages/BERLUSCONI-chi-e/76372150336 It is a critic page and has not violated any terms of use. I kindly ask to reactivate this page. Thanks and best regards
FIRMA xxxxx

Grazie da tutto lo staff di "Berlusconi chi è?"




Dall’ossessione per Berlusconi a quella per il Paese

Non capisco. Negli ultimi mesi i media tradizionali (carta stampata, televisioni) hanno inseguito gli umori, e in particolare le stranezze (fan di Totò Riina, idolatri di Massimo Tartaglia, amici dei pedofili), della rete. A ogni evento seguiva la precisazione: “e su Facebook…”. Con vette paradossali come quelle toccate dal Corriere della Sera che, nel giorno dello spintone al Papa, segnalava i quattro iscritti al gruppo ”Susanna Maiolo ti devi vergognare” e i quindici membri di una pagina analoga.
Ebbene il giocattolo si deve essere, in qualche modo, rotto, se è vero che da settimane migliaia di utenti (di Facebook e non) si chiedono se aggressione a Silvio Berlusconi sia una montatura senza destare interesse (o quasi) neppure in quotidiani e telegiornali che solitamente non si lasciano sfuggire l’occasione di criminalizzare i social network o, più in generale, diffondere l’idea che la rete sia in mano ai sovversivi (parola di Gabriella Carlucci). Strano dunque che passi inosservato un gruppo con quasi seimila iscritti in cui si chiede di firmare un “esposto-denuncia” al Procuratore di Milano per “chiarire una questione di grandissima rilevanza sociale” e “definire con precisione l’idea di una grandissima messa in scena”. Il tutto con cinque dettagliatissime domande a corredo, come: “la quantità di moto dell’oggetto era tale da arrecare i danni dichiarati?”.


I complottisti sono in costante aumento, e continuano a darsi da fare. Alcuni membri del “Popolo Viola”, ad esempio, organizzano una campagna di affissioni uguale e contraria a quella del PDL di Basaglia. Altri frequentatori di Facebook chiedono addirittura una interrogazione parlamentare “per accertare la verità sulle lesioni subite dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a seguito dell’aggressione”. Per non parlare dei video che impazzano su YouTube.





Bondi, rispondi

«A Craxi si intitoli la prima fermata della linea 6 del metrò, a memoria di quello che poteva essere e non è stato: per ricordare ai milanesi cosa è significato il craxismo, quando costruire il metrò ci è costato il doppio di adesso. Se non fosse passato il craxismo oggi avremmo già 6 linee della metropolitana invece che 3. Non è tempo nè modo di ricordare Craxi proprio nel momento in cui si sta preparando un bilancio di lacrime e sangue, visto che l’epoca craxiana è quella più scialacquatrice che si ricordi. Ai tempi di Craxi per costruire il metrò si è speso il doppio di quanto serve ora. Allora si intitoli a Craxi la prima fermata della nuova linea 6, a ricordo di quello che è stata l’epoca craxiana». Chi può avere pronunciato queste parole? Il solito Antonio Di Pietro? Marco Travaglio? Michele Santoro?

Tranquilli, nessuno di questi seminatori d’odio oggi ha profanato la memoria del grande statista. Il giustizialista che ha detto queste parole è infatti Matteo Salvini, europarlamentare e consigliere comunale a Milano per la Lega, quello beccato il 7 luglio ha intonare il coro da stadio «senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani: son colerosi e terremotati; col sapone non vi siete mai lavati...».




La corrente del "vatteneacagarismo"


Pare brutto, lo so, ma viene spontaneo proseguire nel nichilismo assoluto della nuova corrente del “vatteneacagarismo.” In effetti ci ho pensato ieri mentre sentivo le dichiarazioni telefoniche di brunetta, in merito al calo del potere d’acquisto degli stipendi italiani. Esso, forte della poltrona su cui poggia il culo, sosteneva che i dati ISTAT erano da leggersi in modo differente, quasi bizzarro, aggiungo io. Secondo il nulla facente anti fannulloni, infatti, in realtà ad averci rimesso sono stati i redditi medio alti, mentre i poveri col calo dell’inflazione hanno persino guadagnato. Certo – spiegava – chi ha perso il lavoro ha visto un calo delle sue entrate, ma nemmeno tutti dal momento che chi è in cassa integrazione percepisce il 90% dello stipendio, e quindi non si può lamentare.

Quindi, sì, confesso d’averlo mandato a cagare.




martedì 12 gennaio 2010

Le parole pacate degli uomini di chiesa



Monsignor Giacomo Babini, Vescovo emerito di Grosseto:
  • L' Islam é una giusta punizione del Signore davanti alla nostra ignavia di cristiani.
  • Maometto era un predone, ma anche un mercante senza scrupoli. Aveva del talento, altrimenti non avrebbe fatto quel che ha realizzato, ma con violenza, come violento é il Corano.
  • Siamo in tempo ancora a fermare la pericolosa espansione islamica che difficilmente si arresta. Vedo un pericolo grave di islamizzazione.
  • Sull'omosessualità la chiesa chiede delicatezza e misericordia e sono in sintonia. Ma rimango dell'idea, tolte rare eccezioni, che sia figlia del vizio e della depravazione.
Come si dice: quando i tempi si fanno difficili, qualche parolina di distensione dalla Santa Sede è proprio quello che ci vuole.




lunedì 11 gennaio 2010

Omicidio culturale



Eccovi serviti i risultati della campagna di odio che qualcuno porta avanti nei confronti degli immigrati: il clima è diventato così pesante che anche se si ha il permesso di soggiorno e un'occupazione si ha paura perfino di ammalarsi, perché ammalarsi vuol dire non potersi recare al lavoro, e non recarsi al lavoro può significare essere cacciato e sostituito, perché quando si ha a che fare con gli stranieri non si parla mica di persone, e allora è fin troppo evidente che uno vale l'altro.

Qualcuno eccepirà che non vede il nesso tra i fatti di Rosarno e la vicenda di questa povera donna; io, da parte mia, ripeto che quel collegamento mi appare invece nitidissimo: nel nostro paese vivono una quantità di perone che sanno fin troppo bene di essere considerate alla stregua degli animali, ma che ciononostante sono costrette a fare buon viso a cattivo gioco, pur di cercare disperatamente di sopravvivere.

Ecco, questa è una cosa di cui vergognarsi.




Come sarà il 2010… visto dal 1959


Un articolo pubblicato il 31 dicembre 1959 cerca di immaginare come sarebbe stata la vita nell’Unione Sovietica del 2010. Lo trovo molto divertente. Non si è avverato quasi nulla, ma il poco arguto o sfortunato visionario in fondo fa pensare.
Il 2010 era per loro un futuro remoto, per noi è il presente e spesso mi accorgo che abbiamo smesso di sognare come sarà il nostro futuro, perché affiorano facilmente visioni catastrofiche e pessimiste.
Se volete leggere tutto l’articolo: Urss: le previsioni per il 2010 – Corriere della Sera.

Se invece volete leggere di un visionario che per il futuro (politico) dell’Italia aveva azzeccato quasi tutto, leggete qui: Piano di Rinascita di Licio Gelli.
Visioni profetiche o iatture, decidete voi.




Razzismo e dintorni

Date le reazioni suscitate dal post di ieri riguardo soprattutto il tema Balotelli-razzismo, che ha creato un certo dibattito anche nella pagina facebook di Informare per resistere ad esso dedicata, è forse il caso di chiarire alcuni punti, partendo come sempre dai fatti.

Mario Balotelli, nato a Palermo nel 1990 da immigrati ghanesi, è cittadino italiano dal 13 agosto 2008. Dal 2006 è un giocatore dell’Inter. Da quando ha iniziato a calcare i campi della serie A negli stadi si sono manifestati nei suoi confronti diversi strani fenomeni, che vanno dai semplici fischi ai buu più o meno connotati, fino agli slogan più sfacciatamente razzisti.

Il suo atteggiamento in campo certo non aiuta: linguacce in faccia agli avversari (come nell’Inter-Roma del 1° marzo scorso, quando irrise Panucci dopo il rigore segnato), simulazioni (vedi ad esempio l’ultimo Juventus-Inter) e continui battibecchi con gli avversari (il 24 febbraio dell’anno scorso arrivò a zittire il pallone d’oro Cristiano Ronaldo) lo rendono facilmente e giustamente criticabile e oggetto di svariate attenzioni, dai fallacci in campo alle contestazioni in curva.

Resta però da chiarire cosa c’entri l’arroganza di Balotelli con i cori razzisti di Juventus-Inter del 19 aprile 2009, quelli che hanno portato la Vecchia Signora a giocare a porte chiuse la partita successiva contro l’Atalanta, cori ritenuti dunque di stampo discriminatorio dalla giustizia sportiva; resta però da chiarire cosa c’entri la strafottenza di Balotelli coi buu di Cagliari-Inter del 20 settembre, rivolti anche a Samuel Eto’o; resta però da chiarire cosa c’entri l’insolenza di Balotelli con i fischi al messaggio anti-razzismo lanciato dallo speaker dell’Olimpico di Torino prima di Juventus-Udinese del 22 novembre, seguiti poi dal tanto in voga «se saltelli muore Balotelli», reiterato senza motivo a Bordeaux tre giorni dopo (tanto per tenere alta l’immagine dell’Italia nel mondo); resta però da chiarire cosa c’entri la sfacciataggine di Balotelli con i recenti buu di Chievo-Inter.





Rosarno, la BBC un anno fa: “Vivono come animali”

“Non c’è riscaldamento, l’olezzo è terribile”, così un inviato della BBC , in un video servizio del 25 febbraio 2009, commentava le disumane condizioni di vita degli immigrati nella cittadina calabrese. “Non siamo in Africa ma nel Sud d’Italia”, spiegava mentre si muoveva, seguito dal cameramen, all’interno della bidonville di Rosarno. Allestita all’interno di una fabbrica dismessa, la struttura ospitava già allora 600 anime nascoste in catapecchie di cartone.





La Chiesa: contro l'aborto, incitazione allo stupro


Javier Martinez, Arcivescovo di Granada, sull'aborto:

Pero matar a un niño indefenso, ¡y que lo haga su propia madre! Eso le da a los varones la licencia absoluta, sin límites, de abusar del cuerpo de la mujer.
Il che, tradotto in italiano, dovrebbe suonare più o meno così:
Però uccidere un bambino indifeso, e che lo faccia la sua stessa madre! Questo dà agli uomini la libertà assoluta, senza limiti, di abusare del corpo delle loro donne.
Ora, va bene schierarsi contro l'aborto: però incitare impunemente gli uomini a violentare le proprie compagne qualora costoro abbiano deciso di interrompere una gravidanza mi pare davvero troppo.

Sarebbe interessante chiedersi cosa ne pensi, l'Arcivescovo Martinez, dell'eventualità di abortire nel caso in cui dopo gli abusi che auspica le donne restino di nuovo incinte: anche se probabilmente, per il momento, è meglio sospendere il quesito e non conoscere la risposta.

Mi pare che per oggi abbiamo fatto il pieno di atrocità.





Cittadino del mondo



Il tuo Cristo è ebreo e la tua democrazia è greca.
La tua scrittura è latina e i tuoi numeri sono arabi.
La tua auto è giapponese e il tuo caffè è brasiliano.
Il tuo orologio è svizzero e il tuo walkman è coreano.
La tua pizza è italiana e la tua camicia hawaiana.
Le tue vacanze sono turche, tunisine o marocchine.

Cittadino del mondo, non rimproverare al tuo vicino di essere straniero.

anonimo





venerdì 8 gennaio 2010

Fratelli blogger


"Iran libero, Cina libero, mondo libero". Questo il messaggio lanciato su Internet da un blogger cinese in solidarietà ai manifestanti in Iran. Sono in tutto una decina i blogger che, aggirando lo stretto controllo della censura, hanno espresso la loro vicinanza agli oppositori iraniani: da ambo le parte le battaglie contro i regimi autoritari viaggiano spesso in comune.

Per ora, i cinesi, riescono ancora a bucare il muro della grande muraglia digitale cinese, grazie a dei server proxy, che nascondo l’indirizzo da dove partono i messaggi.




giovedì 7 gennaio 2010

Santoro vince la causa contro "Il Giornale"


E così Il Giornale, il quotidiano della famiglia Berlusconi, ha avuto torto davanti alla giustizia ancora una volta. Questa volta il Giudice del Tribunale di Milano, doveva decidere con procedura d'urgenza, ex articolo 700 del Codice di Procedura Civile, su una richiesta di rettifica avanzata da Michele Santoro. Il punto del contendere erano alcuni articoli, usciti sul Giornale, nei quali si accusava il conduttore e giornalista TV di avere ottenuto in modo non del tutto chiaro una licenza edilizia per completare dei lavori ad una casa che aveva regolarmente acquistato ad Amalfi. Ma sia il Sindaco di Amalfi che tutte le persone interessate alla vicenda avevano smentito la ricostruzione fatta dal quotidiano milanese; e Santoro aveva richiesto - come prevede la legge - una smentita. Smentita che non è mai arrivata; quindi al giornalista non è rimasto altro che chiedere l'intervento della magistratura.




martedì 5 gennaio 2010

Appuntamento con la memoria. Ricordando Pippo Fava


5 gennaio 1984. E' sera. Una pioggerellina battente moltiplica i riflessi dei lampioni sulla strada e sui cocci di vetro sparsi ovunque. Sono qui con inquirenti e colleghi accanto all'auto con i vetri infranti dai colpi sparati alla testa di Pippo Fava, mio direttore al Giornale del Sud, fondatore dei Siciliani, cronista, maestro di cronisti. Il corpo è stato portato in ospedale per impedire un'accurata perizia balistica coi limitati mezzi del tempo.

Ogni anno avverto lo stesso senso di freddo. Ogni anno le stesse domande senza risposta. Ma Pippo Fava, 26 anni dopo, è vivo in noi e in quei giovani che a quel tempo non erano ancora nati. Perché il 5 gennaio è un appuntamento con la memoria.




domenica 3 gennaio 2010

Blob: quello che i tg non dicono sull'Abruzzo

Ecco cosa vuol dire servizio pubblico: grazie a Blob per averci mostrato quello che i TG nascondono tutti i santi giorni.


(CLICCA QUI SE NON VEDI IL VIDEO!)
Blob Rai 3 ( Caos Calmo - L'Aquila) - 01-gen-2010 20.00






Avventarsi sull'osso

Non sono passate neanche quarantotto ore dal pacioso discorso capodannesco di Napolitano e subito i cani da guardia del Cavaliere si sono avventati sulla preda: passare norme ad personam (Bonaiuti), dare più poteri al premier (Gasparri) e già che ci siamo cambiare l’articolo 1 (Brunetta).

Ecco, quando qui si diceva che il discorso del 31 sembrava scritto da Ghedini si faceva di certo una battuta irriverente, ma soprattutto una facile profezia: agli uomini del Cavaliere non dev’essere sembrato vero che il Quirinale sdoganasse le riforme istituzionali, e infatti ci si sono buttati a pesce.





Il lavoro secondo Brontolo

Dopo un breve periodo festaiolo, riprendiamo ad occuparci del nostro Belpaese. Aspettando la celebrazione di San Bettino da Hammamet con l’apposita e indispenabile visita di Frattini alla tomba e la commemorativa inagurazione di una strada o di un parco a Milano – dove evidentemente non c’è altro di cui occuparsi a soli 10 giorni dal blocco della stazione ferroviaria –, oggi ci soffermiamo sulle dichiarazioni di Renato Brunetta, ovviamente non riportate dal tg1.

In un’intervista a Libero (intervista per modo di dire: le domande erano tutte mirate a permettergli di pronunciare i soliti spottoni tipo «nel 2010 ci sarà la totale implementazione della mia riforma. Cambierà l’intero quadro della contrattazione: si passerà da un numero indeterminato di comparti a quattro. Saranno introdotti il merito, la trasparenza, la mobilità, i premi e le sanzioni. Questo potrà cambiare l’intera pubblica amministrazione, che vuol dire cambiare lo Stato») il ministro si è soffermato anche sulla riforma della Costituzione. La sua lamentela è lapidaria: «La riforma non dovrà riguardare solo la seconda parte della Costituzione, ma anche la prima. A partire dall’articolo 1: stabilire che "L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro" non significa assolutamente nulla».





sabato 2 gennaio 2010

Scudo fiscale: i conti non tornano


Scarsa o nulla chiarezza sullo scudo fiscale. Prima di tutto per quanto riguarda la somma regolarizzata, che secondo il Corriere già il 15 dicembre “sarebbe intorno ai 110 miliardi” e “potrebbe salire ancora“, con un gettito per le casse statali “superiore ai 5 miliardi” (5,5 secondo il catenaccio). Tuttavia due settimane dopo, il rimpatrio viene ridimensionato a 98 miliardi, di cui 4,75 di entrate per lo Stato, confermando sostanzialmente le stime prodotte dal Tesoro il 16 luglio (ma non quelle che inizialmente avevano motivato la manovra, e cioè una somma tra i 276 e i 300 miliardi). Che sia questo ridimensionamento improvviso a causare la dichiarazione della Corte dei Conti, che parla di una mancanza di “affidabili meccanismi e metodologie di verifica”?




Genchi: “In Calabria altro che P2”. Ecco perché hanno fermato De Magistris


Sembra la P2, ma non lo è, gli somiglia molto. Una rete di intrighi, relazioni pericolose tra mondo della finanza, imprenditoria, politica e magistratura. Inseguono interessi di parte, scoperti da un magistrato rigoroso, messo alla porta. Ma non è solo la storia delle inchieste di Luigi De Magistris questo libro, il caso Genchi, edizioni Aliberti, a cura di Edoardo Montolli, è il racconto di un’Italia sepolta da trame, affari, incroci e patti luciferini. La seconda Repubblica nata dalle stragi degli anni ’90, via D’amelio si incrocia con Why not, la mega inchiesta del pubblico ministero napoletano, e in entrambe balzano fuori gli stessi nomi. C’è l’amara consapevolezza che quello che ci fanno vedere è la minima parte, dietro il proscenio c’è la verità ansimante, ridotta a brandelli. Ripercorriamo alcune significativi tasselli di questa trama oscura. Gioacchino Genchi, un funzionario di polizia, è stato superconsulente delle procure, ha seguito le indagini sulle stragi e altre inchieste sugli scandali che hanno attraversato il paese. Qualche settimana fa l’ex ministro Claudio Martelli si chiese ma chi è questo Genchi?





Il 41 bis ad personam di Giuseppe Graviano

L'11 dicembre 2009 Giuseppe Graviano si rifiuta di smentire o confermare le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza circa i rapporti tra cosa nostra, Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi.
 Neppure cinque giorni dopo, il 16 dicembre, gli viene comminato un 41 bis ad personam.

L'avvocato di Graviano, Gaetano Giacobbe, sostiene che i magistrati hanno applicato la norma che stabilisce un tetto massimo per il carcere duro. Cumulati i periodi di detenzione diurna trascorsi al 41 bis, si sarebbe arrivati al tetto di tre anni previsto dalla legge e la Corte, quindi, avrebbe deciso che i tre anni sono passati. Ora, decidere se tre anni sono passati è un'evidente uso bislacco o strumentale delle parole: tre anni sono passati oppure non sono passati, e per stabilirlo, più che una Corte di Assise, ci vuole un calendario.

Giuseppe Graviano è in carcere dal 27 gennaio 1994. Durante la sua detenzione è stato sottoposto più volte al regime di isolamento diurno. Se vogliamo arrivare a porci le domande giuste, conviene almeno farsi quelle vecchie. Ovvero: cosa dice realmente questo 41 bis?