La lettera di Napolitano e la commemorazione al Senato sono colpi mortali alla verità.
Questo Paese forse non ha davvero più scampo. Scrivere della lettera mandata alla famiglia del leader socialista dal presidente della Repubblica ha imposto una giornata di riflessione.
Poi la ‘commemorazione’ di un latitante al Senato ha dato il colpo di grazia a qualsiasi sogno di lucidità. Perchè ogni cosa ha un valore, oltre il senso stesso delle parole, per il suo carattere simbolico.
Giorgio Napolitano è un uomo anziano, ha sulle spalle la sua cultura ed esperienza di vita, è di certo una persona onesta ed irreprensibile, ma con la sua decisione di rilanciare l’ennesima ‘pacificazione’ ha scelto di rappresentare quell’Italia accattona e provinciale che da decenni (se non di più) sta uccidendo qualunque ipotesi di progresso.
In Senato, poi, il presidente Schifani in una frase ha riassunto quello che sta avvenendo: “Quella esperienza e anche la sua tragica conclusione ci deve essere oggi di monito, innanzitutto quanto alla necessità di portare a compimento la lunga transizione, ridefinendo con un metodo condiviso un nuovo sistema di regole”.
In tanti oggi cercano assoluzioni o condanne, difese o ‘riabilitazioni’. Tra tutti le parole di Pietro Ingrao sgombrano il campo da molti equivoci. Il comunista-poeta, una delle menti più libere che il Pci abbia ospitato nella sua lunga storia, ha detto a Riccardo Barenghi per ‘La Stampa’: “Potrei dire che Napolitano è stato molto generoso, anche troppo. Io comunque non condivido il suo giudizio, molte chiacchiere ma non una parola dura, anche cattiva. Sinceramente io luci non ne vedo, perché nel corso di quegli anni molto aspri per la vicenda politico-sociale del nostro Paese, Craxi si è schierato con la parte più conservatrice della Dc, con Forlani e Andreotti e non certo con Zaccagnini. E contemporaneamente ci ha fatto la guerra, a noi comunisti. Dopo la morte di Moro venne fuori la sua natura di anticomunista che non aveva alcuna intenzione di promuovere l’unità delle sinistre. Un progetto politico che invece avrebbe potuto contribuire a rinnovare la società. Ecco perché ho sempre sostenuto che Craxi era un conservatore”.
Non si tratta del ricordo di un irriducibile ‘bolscevico’, perchè Ingrao non lo è mai stato. Poi l’ex parlamentare del Pci ha spiegato: “Era distante (Craxi, ndr) anni luce da un socialista come Riccardo Lombardi, lui sì di sinistra insieme ad altri nel Psi. Craxi era un’altra cosa, e francamente non vedo proprio dove abbia innovato, semmai ha usato la sua spregiudicatezza per crearsi spazio nel quadro politico. Ma allora entriamo in un’altra categoria, quella dei politicanti…”.
Quindi l’antico leader della sinistra ‘fantasiosa’ del Pci ha commentato l’indulgenza che alcuni ex comunisti stanno mostrando in questi giorni nei confronti di Craxi: “C’è un forte vento di destra che spira sull’Italia”. Sui processi e le condanne Ingrao non ha voluto dire altro che “capisco la delicatezza che il Presidente della Repubblica ha usato nell’affrontare questo capitolo difficile, ma anche qui non mi sento di condividere i suoi giudizi”.
Infine, con la sensibilità di sempre, il vecchio capo della sinistra comunista ha descritto in questo modo la latitanza di Craxi ad Hammamet: “Ecco, qui invece vedo un orgoglio umano nella sventura, un orgoglio che rispetto”.
Per chi ritiene che i punti di vista siano sempre ’soggettivi’ sarà impossibile ricordare che il craxismo è stato un periodo fosco della vita politica nazionale. La tracotanza del Palazzo è tradizione in Italia, ma allora la logica utilizzata dal Psi era molto semplice: con la sua piccola percentuale elettorale era comunque indispensabile per la formazione dei governi e grazie a questo i suoi dirigenti ‘trattavano’ su tutto, a tutti i costi ed in ogni modo, ottenendo posti, concessioni e potere che poi gestivano in modo approssimativo e clientelare, delegando a “nani e ballerine” (come li definì Rino Formica) immensi spazi di gestione della cosa pubblica.
Esplosero la spesa e le tangenti, il cinismo si impadronì della politica in modo assoluto, l’asse con la Dc divenne un tritatutto che secondo l’economista Mario Deaglio, di orientamento liberale, ha prodotto tangenti per 10mila miliardi di lire annui di costi per i cittadini, un indebitamento pubblico fra 150 e 250mila miliardi di lire, tra 15 25mila miliardi di interessi annui sul debito.
Nel pieno della bufera prodotta dalle indagini della magistratura sulla corruzione della politica, nel 1992 il rapporto debito/Pil superò il 105 per cento ed il 13 agosto di quell’anno l’agenzia Moody’s declassò il rating italiano ad Aa2 per via dell’insicurezza degli investimenti in Italia, costringendo nell’autunno il governo Amato a varare una finanziaria da 92mila miliardi di tasse, con in aggiunta il prelievo forzato del 6 per mille su tutti i conti correnti bancari italiani, considerato il vero e proprio “scontrino finale” per via dei danni prodotti da Tangentopoli.
Insomma, l’era craxiana ed il famoso Caf (Craxi-Andreotti-Forlani) furono una tragedia immane per il Paese. Le azioni della magistratura, che ridimensionarono solo in piccola parte il rapporto criminale tra politica ed affari, salvarono per fortuna l’Italia da una bancarotta certa, ma non sono riuscite in futuro a ‘condizionare’ la politica ed i partiti, tanto che oggi il quadro generale vede gli eredi di quella stagione serenamente seduti nella stanza dei bottoni a comandare.
Eppure tutto questo sembra dimenticato. Perchè? E quante altre cose sono state nascoste nel deposito delle verità scomode?
Negli ultimi anni Mussolini ed il fascismo, la loro responsabilità nello scatenamento delle Seconda guerra mondiale, le persecuzioni di oppositori politici, ebrei e zingari, la distruzione totale del Paese e la durissima guerra di Liberazione sono diventate creature sfumate, alle quali si è sovrapposta la balla della ‘pacificazione nazionale’, sulla scia dello stesso processo di rimozione che a diverso livello si sta facendo del craxismo.
Ed in questi ultimi mesi eguale procedura è stata applicata ai fatti di cronaca che hanno visto il presidente del Consiglio coinvolto in scandali anche di carattere sessuale, oltre che in vicende giudiziarie gravi, per reati come corruzione o falso in bilancio.
E mille altri sono gli avvenimenti deformati, mistificati, collocati nel mare magnum del ‘volemose bene’ o del ‘a tutto c’è rimedio’.
L’Italia è il posto delle casette di cioccolata e canditi di Hansel e Gretel e non il regno della speculazione edilizia, del disastro ambientale, della distruzione del paesaggio e dell’abusivismo edilizio. Il nostro è il ’santuario’ del calcio, anche se la Nazionale gioca male e vince grazie ad indicibili colpi di fortuna, è il più bel Paese del mondo, anche se quasi dieci milioni di persone sono senza lavoro su sessanta e gran parte degli altri (gli occupati) arrivano a fine mese a fatica e non hanno le stesse garanzie e protezioni di tutti gli altri concittadini dei partner europei al nostro stesso livello di sviluppo.
Qui nella penisola i sogni diventano realtà, anche se per un ragazzo il lavoro è un miraggio e la promozione sociale non esiste, perchè un nuovo feudalesimo tramanda i posti da padre in figlio e non consente ai ‘negletti’ di diventare ‘principi’.
Con la sua lettera Napolitano ha firmato la resa ai generali della contraffazione, a chi pensa di poter vivere per sempre negli agi grazie alla pratica criminale di nascondere la polvere sotto il tappeto.
L’Italia sembra un malato di cancro che ha bisogno di un chirurgo per sperare ed invece si rivolge al cartomante che gli racconta fiabe e gli vende filtri magici costosissimi quanto inutili.
Il presidente della Repubblica, come farebbe un ‘padre di famiglia’ conservatore, scrivendo ai Craxi ha scelto la strada di sempre, quella secondo la quale ‘aggiustare’ è meglio che ‘denunciare’. Questa decisione ha condannato chi vuol ricordare, scegliere, decidere e soprattutto cambiare e crescere.
Il gesto di Napolitano e la commemorazione del Senato sono fatti gravi, probabilmente irreparabili. Milioni di cittadini oggi sono meno consapevoli di quante responsabilità, proprie e del Palazzo, ci sono per il degrado della morale nazionale.
Con la sua intelligenza Ingrao ha sostenuto che si può avere “rispetto” per chi sbaglia. Non si può, tuttavia, giustificare chi ha tradito. E rimuovere non fa altro che riproporre le stesse scorrettezze all’infinito. Anzi no, non all’infinito, solo fino all’autodistruzione.
pubblicato il 20 gennaio 2010 da barbera su Inviato Speciale
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mercoledì 20 gennaio 2010
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1 commenti:
Analisi lucida e oggettiva dell'epoca craxiana e post.Sono sempre stata socialista, ma sono profondamente convinta che Craxi avrebbe dovuto restare e casa sua ed affrontare le proprie responsabilità. E visto che sono ancora tutti lì, non credo che sarebbe stato proprio lui il capro espiatorio di una storia melmosa finita, come tante altre, sommersa dalla propria melma nella quale, peraltro, molti hanno imparato a nuotare, sopravvivendo a se stessi.Quanto a Napolitano,mi sembra quei paciosi papà che perdonano ogni cosa ai propri figli senza rendersi conto che, qualche volta, ne fanno il male se non costruiscono qualche cosa, sul perdono. Non so se sia ipocrisia, da parte del Presidente: mi sembra fondamentalmente onesto, forse un po' preso da infantilismo da nonno, accettabile per la gente comune come me, non per un'Istituzione come lui. Per quanto riguarda quella che io chiamo la "dimenticanza", beh, avrei qualche cosa da eccepire, anzi, molto da eccepire. Qui non si tratta del peccato mortale che , se ti penti, fai un po' di purgatorio e poi hai accesso al paradiso. Qui si parla di danni prodotti nei confronti di generazioni e generazioni, in alcuni casi citati dall'autore, di sconvolgimenti storici e sociali. Scusate, ma non si può dimenticare se non attraverso una lunga costante azione che conduca veramente alla ricostruzione di speranza nel futuro e di possibilità di vita dignitosa per tutti.
Maddalena Leali
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