giovedì 14 gennaio 2010

Portarsi avanti: a cosa serve il decreto Romani


E’ straordinario come, con un solo decreto, quello firmato Paolo Romani, il governo Berlusconi voglia ottenere tre risultati, uno meno encomiabile dell’altro.
Il primo, vabbeh, è danneggiare Sky, in pratica l’unico attuale concorrente di Mediaset. E’ da più di un anno che la strategia va avanti: prima hanno speso una valanga di soldi pubblici per il digitale terrestre, poi hanno alzato le tasse sugli abbonamenti Sky, poi hanno portato via i canali satellitari Rai dalla piattaforma Sky, adesso gli riducono gli spot per legge ( presto ci sarà da divertirsi con il nuovo contratto di servizio). In un paese in cui il premier non fosse anche il proprietario di Mediaset, potremmo anche dire chissenefrega. In Italia fa schifo, perché è un’alterazione del mercato per favorire un concorrente (che è anche il capo del governo) contro un altro.
Il secondo è una cosa che potremmo chiamare conflitto d’interessi preventivo, ovvero portarsi avanti per schiacciare la concorrenza futura.
Siccome, come ognuno sa, Mediaset si sta buttando sull’Iptv ispirandosi a Hulu, occorre ridurre il numero di video circolanti in Rete e prodotti dal basso, che possono costituire potenzialmente una significativa concorrenza sul Web alla Iptv di Mediaset. E’ il metodo Berlusconi: uccidere i potenziali nemici da piccoli. Di qui l’obbligo per chiunque faccia web tv – anche dalla soffitta di casa – di chiedere l’autorizzazione al ministero e di sottostare a una montagna di altri obblighi burocratici (ma non doveva essere il partito delle libertà, quello che ci liberava dai lacci e lacciuoli dello Stato?).
Il terzo è, banalmente, un corollario del minzolinismo, inteso come desiderio di controllo politico dell’informazione. Siccome sempre più cittadini – specie i più giovani – tendono a informarsi attraverso i contenuti di video e di testo che girano liquidamente dai blog ai social network, e tutto questo non è controllabile, bisogna disincentivare il più possibile la produzione e la circolazione di video indipendenti, sicché si impongono non solo registrazioni di testate, ma anche punizioni per eventuali violazioni di copyright e obblighi di rettifica. Tutto è tivù, per il governo.
Questo decreto fa tre volte schifo, è tre volte illiberale e tre volte in conflitto d’interessi. Ed è tre volte al servizio di un unico utilizzatore finale: il proprietario di Mediaset, controllore della Rai e capo del governo.

pubblicato da Alessandro Gilioli il 14 gennaio 2010 per Piovono Rane

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