Mi scrive il mio amico Guido:
«Ho visto il successo della manifestazione di ieri e letto le dichiarazioni dei promotori sul “non ci fermeremo”. Non so se e quanto tu li conosca ma credo sarebbe importante far arrivare loro un messaggio prezioso ora che la Rete, grazie alla loro iniziativa, ha dato prova di “maturità” quale strumento politico. Qualsiasi cosa vogliano fare non può essere solo un “no B.”. E’ la parte costruens della Rete che bisogna tirar fuori».
Sono d’accordo, ma solo in parte. Credo che non ci si debba fermare al 5 dicembre, all’espressione di vitalità di una fetta di società civile che si è auto organizzata a partire dalla Rete per far sentire che in Italia c’è un’opposizione.
Credo che ieri siano emersi soprattutto tre elementi, tre pilastri da cui partire.
Primo, che appunto esiste un’opposizione in questo paese, che è stata mal rappresentata finora dai partiti – soprattutto dal Pd, ahimé – e che vuole smetterla con gli infiniti frazionismi, i distinguo, le sfumature e le lotte intestine (o – peggio- di poltrona) della sua presunta rappresentanza dentro e fuori il Parlamento. O i partiti d’opposizione questa cosa la capiscono in fretta, o sono destinati ad allontanarsi sempre di più dai loro (potenziali) elettori.
Secondo, che in piazza ieri non c’era la sinistra, almeno non soltanto la sinistra. C’era una bella fetta di società civile – “normale” – che vuole un paese normale, con una destra e una sinistra civili e costituzionali che magari se le danno di santa ragione, ma all’interno di un quadro di costituzionalità e legalità. Quello che abbiamo oggi al potere in Italia è invece un clan che non né di destra né di sinistra, un apparato affaristico-mediatico che tende solo a preservare se stesso e il suo potere, talvolta oltre la legalità, spesso con velleità anticostituzionali e toni eversivi.
Terzo (e qui forse non sono tanto d’accordo con Guido) che questa Italia civile ha un obiettivo semplice, lineare, immediato, e cioè mandare a casa questo clan – e non costituire un programma politico sistematico e unitario. Voglio dire, credo che nella storia – a volte – sia giusto avere un obiettivo comune e immediato, anche se non strategico e di lungo periodo. In questo caso, è liberare l’Italia dal piazzista televisivo che la occupa da 15 anni e dal suo modello culturale, quello che si è infilato nell’anima di tanti italiani.
E’ quello che io spero resti del 5 dicembre e sia portato avanti fino a missione compiuta.
Poi potremo tornare a parlare di tutto il resto – (sì, segretario Bersani, anche di economia…) – in un contesto diverso e civile, magari scazzandoci su infinite altre questioni.
Ma questo poi, appunto.
via Piovono Rane
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domenica 6 dicembre 2009
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