«Il tramonto di Berlusconi sarà lungo, difficile e velenoso». Miguel Gotor, giovane storico dell’università di Torino, saluta con interesse il successo del No-B Day promosso dal “popolo viola”, ma avverte: «Sarebbe un errore pensare di sconfiggere il premier attraverso la via giudiziaria o con una spallata». Il leader del Pdl – che da Bonn ha appena annunciato una nuova offensiva contro la Consulta suscitando i distinguo di Fini («non condivido, chiarisca») – secondo Gotor va battuto «per via elettorale»: sta al centrosinistra conquistare il blocco sociale di Berlusconi.
«In Italia ci sono due minoranze mobilitate, berlusconiani e antiberlusconiani. Il resto è altrove», dichiara Gotor a “L’Unità”, sottolineando la crisi della leadership del premier ma anche la generale crisi di rappresentanza politica nel paese: «C’è una maggioranza di non mobilitati e insoddisfatti che aspetta una proposta politica che sia fuori dal ricatto su cui ha puntato Berlusconi: o stai con me o contro di me». Gotor si dichiara «infastidito» dal conflitto di interessi, ma sostiene che non sarebbe bastata una legge a liquidare «il fenomeno Berlusconi», visto che «dentro la fine della Prima Repubblica c’erano i presupposti dell’arrivo del Cavaliere».
«So bene che nei libri di storia questa sarà ricordata come l’età berlusconiana», continua Gotor, che invita però a non sottovalutare l’alternanza realizzatasi coi due governi guidati da Romano Prodi. «L’egemonia di Berlusconi è stata anche frutto degli errori del centrosinistra», aggiunge lo storico, intervistato da Pietro Spataro. Secondo Gotor, per assurdo, l’opposizione dovrebbe ringraziare Berlusconi: «Se fosse un buon politico, con i mezzi economici che ha e con il suo impero mediatico, avrebbe un potere ancora più forte e il centrosinistra non sarebbe nelle condizioni di giocarsi la partita».
L’Italia in preda a un regime? No, smentisce Gotor: meglio parlare di «situazione anomala che tende alla patologia», per mancanza di contrappesi, evitando però di evocare Mussolini e il fascismo. «Mi colpisce quanto la politica in Italia abbia bisogno di continui riferimenti al passato e alle ideologie. Abbiamo sempre la testa rivolta all’indietro e poca capacità di costruire narrazioni del presente e del futuro», nel quale lo storico torinese intravede uno scontro «non più tra centrosinistra e centrodestra, ma tra populisti e riformisti».
Un’evoluzione eretica? «Unire pezzi di centrosinistra, del centro e della destra per battere Berlusconi», sapendo che l’antiberlusconismo è perdente. Dove ha sbagliato il centrosinistra? «Negli anni dell’ascesa di Berlusconi è mancato il realismo. Si è pensato che bastasse l’efficienza di alcuni bravi sindaci e cavalcare Tangentopoli per cavarsela. Si è pensato che mentre il mondo comunista veniva preso a picconate si potesse andare avanti indisturbati. È stata una linea velleitaria».
E oggi? «Il centrosinistra deve sapere che non è vero che tutti i buoni sono dalla sua parte e tutti i cattivi con Berlusconi», continua Gotor. «Non è vero che il qualunquismo è solo a destra», né che «la borghesia illuminata e socialmente virtuosa sta tutta con il centrosinistra». Soprattutto, «si deve capire che la crisi del sistema democratico non si risolve con le manifestazioni e basta». Il “popolo viola”? «E’ già politica. L’anno scorso il Pd ha riempito il Circo Massimo», ma la somma delle due piazze non è un’addizione: «I partecipanti sono più o meno gli stessi, elettori delusi o motivati del centrosinistra, iscritti ai partiti, esponenti della società civile».
L’antiberlusconismo democratico, secondo Gotor, è «necessario ma non sufficiente per battere Berlusconi». Bisogna dar tempo al nuovo movimento di «giungere a una sintesi che sia anche una proposta di governo nuova», anche con l’aiuto del Pd, sulla scorta dell’esperienza di Prodi nel ‘96: leadership forte e unità. «Bisogna ricreare quelle condizioni. E poi c’è il grande tema delle alleanze».
Veltroni? «Ha giocato la partita al momento sbagliato e nelle condizioni peggiori». Ma il centrosinistra «deve liberarsi dalla sindrome del “perdismo”: ogni volta che si perde sembra una catastrofe». L’altra sindrome da evitare, dice Gotor, è il “consumo di eventi”: «Un segretario legittimato come Bersani è una novità forte, è il segno della vitalità di un partito. Eppure sono già cominciati i distinguo». La chiave? Superare gli attuali dirigenti e «individuare qualcuno che sia in grado di entrare nel blocco sociale di Berlusconi». Un leader nuovo, «che non abbia la testa rivolta all’indietro e non sia permeato dalle divisioni che hanno segnato la storia degli ultimi vent’anni»
via LIBRE
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sabato 12 dicembre 2009
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