Le scrivo perché ritengo che la prima pagina del 6 dicembre 2009 del quotidiano da Lei diretto offenda la mia reputazione.
L’occhiello del titolo principale («Di Pietro: per fortuna che Fini c’è») infatti non lascia spazio ad altre interpretazioni: «In piazza gli amici di Spatuzza», in riferimento ai partecipanti alla «manifestazione Anti Berlusconi» - per usare le parole del sommario - collega chi ha aderito alla manifestazione al noto mafioso ora collaboratore di Giustizia, senza specificare il perché ed evidenziando un legame profondo. Essendo stato presente alla protesta di Piazza San Giovanni, Le chiedo se mi può spiegare per quale motivo sono stato definito «amico di Spatuzza».
Io non ho niente in comune con l’esecutore materiale degli omicidi di Don Puglisi, di Giuseppe e Salvatore di Peri, di Marcello Drago, di Domingo Buscetta, di Salvatore Buscemi e, soprattutto, di Giuseppe Di Matteo. Né tantomeno voglio avere a che fare con l’uomo che si è autoaccusato di aver posizionato l’autobomba che ha eliminato Paolo Borsellino e la sua scorta, ovvero Manuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Io non conosco una simile «bestia» - come lo ha definito Daniele Capezzone -, né tantomeno voglio risultare suo amico.
La prego dunque di rettificare tale definizione. Non vorrei vedermi costretto a ricorrere a vie legali per tutelare la mia onorabilità: Le ricordo che il codice penale prevede all’art. 595 il delitto di diffamazione (con l’aggravante dell’utilizzo del mezzo stampa), reato a Lei quantomeno familiare viste le sue numerose esperienze da imputato. Non avrò problemi a produrre le prove della mia presenza alla manifestazione e, soprattutto, la mia estraneità nei confronti di Spatuzza.
Distinti saluti
via Bile
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