Nel preciso istante della collisione tra il souvenir meneghino e le labbra del nostro presidente del Consiglio, è iniziato in Italia un processo di modernizzazione. Se qualche anno fa qualcuno avesse ipotizzato una virata delle istituzioni italiane verso la politica cinese del controllo mediatico, sarebbe stato additato come un pazzo o un vecchio catorcio stalinista, portatore di povertà terrore e morte, citando fonti autorevoli del nostro ordinamento statale attuale.
Invece sta succedendo ora, e noi non siamo pronti.
La stretta che il ministro Maroni ha annunciato per “le manifestazioni ed i siti internet” sembrano le dichiarazioni di un funzionario qualsiasi della Repubblica Popolare Cinese.
Suo Huijin, una studentessa di giornalismo della Tsinghua University di Pechino, ha analizzato lo sviluppo di Wikipedia in Cina, intervistando un funzionario delle agenzie di controllo istituite dal governo cinese per monitorare il traffico di dati nel web.
In Cina, Wikipedia subisce un oscuramento a fasi alterne: certe volte l’accesso all’enciclopedia libera è negato direttamente dal server (il famoso messaggio “Pagina non trovata”), mentre altre volte la censura argina solamente alcune voci giudicate dal governo pericolose o eversive.
“Da un lato, Wikipedia è molto importante in termini di diffusione della cultura e della conoscenza tra la popolazione – ha dichiarato a Suo Huijin il funzionario, che ha preferito restare anonimo – d’altro canto questo significa che il mezzo di comunicazione può anche essere usato da piccoli gruppi di elementi anti-cinesi, pubblicando informazioni che potrebbero mettere a repentaglio la sicurezza nazionale, la stabilità sociale e l’unità etnica del Paese”.
Alla domanda “Ma come può Wikipedia mettere in pericolo la sicurezza dello stato?”, l’intervistato ha spiegato:
“Un piccolo gruppo di malintenzionati è più forte di un grande gruppo di benintenzionati. La forza del piccolo gruppo di malintenzionati renderà Wikipedia una piattaforma per la divulgazione di informazioni cattive, capace di mettere a repentaglio lo stato e la stabilità sociale”.
Il paradigma che in Cina giustifica l’oscuramento di Wikipedia, Facebook, Twitter e la censura di migliaia di siti internet sta per essere importato in Italia, un paese vecchio e arretrato nell’alfabetizzazione informatica, un paese che non capisce di cosa si sta parlando, ma ha paura.
Quando Maroni parla di Facebook e di libertà del web, quando Vespa racconta a Porta a Porta che Tartaglia è un soggetto “vicino ai social network”, si stanno usando delle parole vuote. Chi li ascolta, nella maggior parte dei casi, non ha la minima idea di cosa sia un social network, ma è spaventato sentendolo accostare alla sicurezza dello stato in pericolo e al nome dello psicopatico (così ieri descrivevano Tartaglia da Vespa) che ha attentato alla vita di Berlusconi.
In un clima di paura indotta, di ignoranza del mezzo di internet e di confusione, potrebbe succedere di tutto: demonizzare in toto i social network e gli internauti attivi, far nascere la necessità di un controllo del web più serrato, assecondare quella necessità.
“La conoscenza e la cultura hanno molti modi per progredire – ha chiosato il funzionario cinese – non si fermeranno di certo perchè Wikipedia è bloccata”.
Facciamo molta attenzione a questo tipo di argomentazioni; potremmo rischiare, una mattina, di svegliarci circondati da un grande firewall, non solo telematico.
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mercoledì 16 dicembre 2009
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2 commenti:
Ma come, la Cina non era il perfetto esempio della realizzazione in terra degli ideali del comunismo? O è un caso che nell'anniversario della Repubblica Cinese la mia pagina Facebook fosse piena di video della parata militare di piazza Tienannmen? Chiaritemi le idee, perchè proprio non capisco. p.s. per quanto mi riguarda ritengo sempre valido il motto "La mia libertà finisce dove comincia la tua" e ritengo sarebbe ora di un'educazione all'uso di internet, perchè molti, purtroppo, non hanno idea del fatto che anche la rete abbia bisogno di regole per la buona educazione e la convivenza civile.
Concordo con l'anonimo qui sopra
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