sabato 17 ottobre 2009

Eni si aggiudica giacimento di petrolio in Iraq

L’Eni si è aggiudicata la concessione per lo sviluppo del giacimento Zubair, in Iraq. "Zubair è uno dei maggiori giacimenti di petrolio al mondo". Lo ha annunciato l'amministratore delegato del gruppo italiano, Paolo Scaroni, il quale ha aggiunto: “Il campo è uno dei pochi in grado di produrre piu' di un milione di barili al giorno".

Questa notizia potrebbe effettivamente essere un elemento chiarificatore per chi non ha mai capito cosa siano andati a fare i nostri ragazzi in Iraq, nell’operazione Antica Babilonia, e perché questa guerra stia durando così tanto.
Probabilmente gli obiettivi erano certo quelli di portare la democrazia (con che autorevolezza, continuo a chiedermi), di assistere la popolazione e tutte quelle belle cose che ci vengono dette, ma non è da escludere che il principio propulsore non fossero gli affari e il petrolio.

Siamo in Iraq per il petrolio. Certo anche per scopi umanitari e di salvaguardia dell'immenso patrimonio archeologico di quel paese - non a caso la missione si chiama "Antica Babilonia" - ma l'oro nero c'entra e come.
Erano parole pesanti ma evidentemente documentate quelle di Sigfrido Ranucci, che nel 2005 mandò in onda su RaiNews24 un’interessante inchiesta che, documenti alla mano, giungeva proprio a questi risultati.
I nostri carabinieri hanno pertanto scortato barili di petrolio e sorvegliato oleodotti. E la strage di Nassiriya, come ha scritto il corrispondente del Sole24 Ore Claudio Gatti all'indomani dell'attentato, non era diretta contro il nostro contingente militare, ma contro l'Eni.
Claudio Gatti aveva infatti riportato le parole di un ex funzionario della Cia, che aveva parlato chiaro:
Per i nemici della pacificazione dell'Iraq, riuscire a tener fuori dal paese tecnici e aziende straniere è addirittura più importante che cacciare le truppe occupanti. Le truppe offrono un bersaglio e un nemico utile da avere, mentre i tecnici stranieri potrebbero contribuire a rimettere in moto l'economia del Paese e quindi stabilizzarlo. Che è esattamente il contrario di ciò che gli attentatori vogliono.
 Cosa che l’Eni si ritrovò costretta ad ammettere, per mezzo dell’ad Vittorio Mincato, il quale confermò gli interessi della società per il territorio di Nassiriya, e aggiunse:
Contavamo di chiudere i colloqui in corso entro l'anno ma i fatti di oggi confermano quanto temevamo: se ne parlerà l'anno prossimo.
Bontà loro.
Se all’epoca potevano sembrare delle conclusioni azzardate o stravaganti, forse è ora di aprire gli occhi e riguardarci quell’inchiesta alla luce di queste ultime notizie: forse riusciremo a capire qualcosa in più di quella tremenda, e inutile, carneficina.

FONTI:
RaiNews24

Agi Energia
Repubblica
Articolo Claudio Gatti
Diritto di Critica

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