Alla fine Pierluigi Bersani ha vinto. O meglio, in realtà si dovrebbe dire che ha vinto Massimo D'Alema. Perchè, infatti, ancora una volta l'endorsement della persona più amata/odiata del centro-sinistra è stata determinante nel successo del candidato.
Già 20 anni fa D'Alema fu determinante nella Svolta della Bolognina, appoggiando l'allora Segretario Achille Occhetto: sebbene i due avessero due visioni politiche e due caratteri completamente opposti (freddo e glaciale il primo, neo-romantico e passionale il secondo), hanno convissuto finchè D'Alema ha cominciato a cucinarsi Occhetto e si è ripreso il partito, sconfiggendo nel congresso del 1994 l'allora delfino del segretario Walter Veltroni.
Poi, quando si è trattato di scegliere il candidato premier per le politiche del 1996, si è schierato con Prodi contro il parere di tutto il partito, salvo cucinarselo per due anni alla stessa maniera di Occhetto con la Bicamerale; caduto Prodi, lo ha sostituito alla guida del governo e, dopo aver dato il proprio endorsement a Veltroni come successore, l'ex-segretario del PD veniva confermato con il 95% dei consensi (tendenza che verrà riconfermata fino alle dimissioni di D'Alema da Presidente del Consiglio).
Sebbene fosse co-responsabile del disastro del 2001, alle dimissioni di Veltroni per andare a fare il sindaco di Roma, D'Alema invocò il cambiamento e diede l'endorsement a Fassino (già sconfitto come vice di Rutelli alle politiche), che infatti raggiunse il 70% dei consensi, contro il 30% di Giovanni Berlinguer, sostenuto dal cosiddetto "Correntone" e dal segretario uscente.
Quando poi nel 2006 il Correntone chiedeva la testa di Fassino e il segretario dei DS sembrava prossimo alla fine, bastarono le parole di D'Alema "Sul Partito Democratico sto con Fassino", perchè il 75% del partito votasse compatto per la mozione del segretario nel Congresso dell'Aprile 2007. Per altro, i due siglarono un patto "anti-veltroni" e spinsero per un coordinatore nazionale (e non un segretario) che tenesse il sindaco di Roma lontano dalla disputa almeno fino alla scadenza naturale della legislatura.
L'invicibile Armada dalemiana dovette però fare retromarcia, non appena il suo leader fu colpito dallo scandalo Unipol-Bnl: D'Alema corse subito a Ballarò a consegnare su un piatto d'argento il nascituro partito al suo odiato nemico che infatti alle primarie del 14 ottobre vinse con il 75%. E dire che qualche mese prima aveva giurato: "Veltroni leader del PD? Non finchè io vivo". Infatti è stato di parola.
Finchè Massimo aveva un lavoro "che gli piaceva", il successo di Veltroni sembrava inarrestabile: non appena il Segretario ha "osato troppo" e si è messo a fare di testa sua, dando l'escamotage a Mastella per far cadere il governo Prodi, subito dopo la prevedibile sconfitta elettorale è iniziato il solito rito della Mantide Dalemiana: il logoramento del Segretario.
Difatti da quel momento in poi le faide interne logoreranno non solo l'immagine di Veltroni, ma anche del partito, che non riuscirà a vincere più nulla, finchè all'ennesima sconfitta elettorale (quella di Soru in Sardegna), Veltroni si è dimesso, cucinato come erano stati cucinati in passato Occhetto e Prodi.
Oggi vince Bersani, candidato annunciato da D'Alema fin dal giorno delle dimissioni di Veltroni: Franceschini, l'utile idiota, è servito come tappabuchi e a nulla sono valsi i suoi ipocriti tentativi di fare l'anti-berlusconiano quando da vice-segretario con Berlusconi ci civettava.
Ora Bersani dovrà dimostrare di saper fare due cose: evitare di essere etero-diretto dal suo sponsor e mettere in campo un'alternativa credibile a Berlusconi. E per farlo, bisogna anzitutto risolvere la Questione Morale.
Perchè delle due l'una: o si vince per navigare o si vince per galleggiare. Berlusconi galleggia, il PD cosa vuole continuare a fare?
via Orgoglio Democratico
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lunedì 26 ottobre 2009
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