sabato 17 ottobre 2009

Novità sulle ronde

In questo triste e squallido periodo della già tortuosa e travagliata storia dello Stivale, l'aspetto più decadente è probabilmente rappresentato dall'istituzione delle ronde.
L'autorizzazione a organizzare delle squadracce di cittadini esaltati che andassero in giro a farsi giustizia da sé. Sì sì, ok, non armate e non autorizzate a intervenire ma... una cosa per volta. Diamo tempo al tempo.

Lega e PdL hanno provato a istigare il cittadino a farsi giustizia da sé ma, se volete saperlo, non è cambiato nulla finora: questo provvedimento, veramente da ventennio, è stato un flop totale. Non un iscritto, da nessuna parte. In nessuna città.
Dopo quasi due mesi dal decreto sicurezza di Maroni, nessuno ha mosso il culo per andare a registrarsi per andare a menare le mani in giro.
AffariItaliani.it ha condotto una bella inchiesta in merito. Ha intervistato Nicola Tanzi, segretario generale del Sindacato Autonomo di Polizia, il quale ha affermato:
La  verità è solo una: il fatto che non ci siano iscritti è dovuto al regolamento restrittivo e serio che la legge impone. Che evita le divise, le armi e le affiliazioni politiche. Questo ha fatto si che l'idea della ronda si sia raffreddata. Non serviva una legge dello stato per legittimare un fenomeno che al Nord esisteva già in altre forme e al Sud è pericoloso. In ogni caso le ronde non sono il rimedio. Il sistema di sicurezza si migliora aumentando le risorse delle forze di polizia, non certo mettendo a rischio l'incolumità fisica dei cittadini.
A Padova quelle che c'erano sono scomparse: nessuno ha fatto richiesta di essere "regolarizzato". Nemmeno uno, per salvare la bandiera di città delle ronde. Stessa storia per Rovigo, Venezia, Treviso e gli altri capoluoghi di provincia.


Il motivo forse è perché l'iter per diventare i "supereroi con le mani che prudono" della propria città è troppo tortuoso:
Per prima cosa è  necessario fondare un'associazione, presentare domanda d'iscrizione all'albo al prefetto e, una volta inseriti nell'elenco della prefettura, mettersi a disposizione dei Comuni. Ma questo è solo il primo passo. In seguito i  Comuni, però, dovranno a loro volta emanare un'ordinanza e stipulare una convenzione con l'associazione di volontari, che devono comunque rispondere a una lunga serie di requisiti ben specificati nel decreto. E non è finita. Gli osservatori volontari, ad esempio, dovranno presentare un certificato medico dell'Usl di buona salute fisica e mentale. Le associazioni, inoltre, non dovranno assolutamente essere espressione di partiti o movimenti politici, né di organizzazioni sindacali, "né essere in alcun modo riconducibili a questi". Il risultato di tutti questi paletti? Nessun iscritto agli elenchi della prefettura.
Come dire: forse le persone a cui è rivolto questo provvedimento non hanno abbastanza sale in zucca per capire tutto l'iter burocratico, o non vogliono rinunciare ai cari simboli politici (fazzoletti verdi, o svastiche e croci celtiche) che tanto piace loro sfoggiare quando organizzano le loro battute di caccia metropolitana.


FONTI:
AffariItaliani



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