martedì 20 ottobre 2009

La storia del ponte di Messina è la storia delle solite armi di distrazioni di massa

La storia del ponte di Messina è la storia delle solite armi di distrazioni di massa. Spenderemo soldi pubblici, i privati non metteranno un euro, la mafia gongolerà, i territori saranno ancora più devastati dai lavori collaterali che saranno gli unici ad essere iniziati: non c’è neanche il progetto esecutivo!

“Non metteremo mai le mani nelle tasche degli italiani”.

Quante volte avete sentito declamare questa bella frase dal Premier o da altri? Molte volte, eppure è dimostrabile come essa sia una delle maggiori bufale delle storia repubblicana. Un’illusione delle tante, ideata dal prestigiatore di Arcore e smentita sempre dai fatti. Come anche peraltro nel caso in esame. Basta seguire con un po’ di attenzione la questione del ponte sullo stretto di Messina e si vede subito come in realtà pagheremo tutti l’ennesima stupidaggine di immagine del Premier ed in più ci troveremo con territori più devastati e nessun vantaggio per economia ed occupazione anzi solo qualche regalo alle famigie mafiose del circondario.
Qualche peones della PDL ha voluto evidenziare un’analogia tra il tunnel sotto la Manica ed il ponte dello Stretto.

Analogie e differenze nel contesto di un sincronismo negli annunci di Gordon Brown e Silvio Berlusconi sebbene il primo comunichi la vendita del tunnel sotto la Manica per ridurre il debito pubblico, il secondo invece indebitandoci tutti per avviare i lavori del ponte sullo Stretto di Messina.

Anche il costo di entrambi i “gioielli” infrastrutturali di Downing Street e Palazzo Grazioli è singolarmente identico: è stato stimato in cinque miliardi di euro nella fase progettuale.


Alla fine il collegamento sottomarino di miliardi ne è costati 14 e notoriamente inglesi e francesi, a differenza di noi italiani, non sono così elastici nell’accettare scostamenti di siffatta entità tra preventivo e consuntivo. Da noi, visti i precedenti nel settore dei pubblici appalti, è più facile vincere al superenalotto che azzeccare la cifra che verrà realmente spesa.

Qui, comunque, finiscono le analogie.

L’Eurotunnel è stato infatti costruito totalmente con soldi privati ed i proprietari solo dopo vent’anni di rosso hanno visto per la prima volta un dividendo, 4 centesimi di euro ad azione. Il ponte, al contrario, sebbene il ministro Matteoli ed il Premier continuino a raccontare storielle sul project financing e sulle interminabili file di imprenditori pronti a tirar fuori i capitali, sarà sostenuto essenzialmente dal pilastro pubblico –il 40% delle risorse– ed i privati se la daranno a gambe levate.

Insomma come avvenuto per l’Alta velocità, che ha prodotto un danno da far pagare a tutti i cittadini, gli investimenti privati saranno in ultima istanza garantiti dallo Stato, quindi pagheranno anche quelli che non saliranno mai su un treno.

E ancora. Se mai verrà fatto, il ponte si candida a diventare un collegamento quasi esclusivamente stradale in un’area del paese povera di binari, mentre il tunnel è un tunnel per i treni ed è arrivato alla fine di un percorso di potenziamento e ammodernamento della rete su ferro nel sud della Gran Bretagna e nel nord della Francia: un servizio in più, in un contesto di servizi funzionali ed efficienti, non la cattedrale nel deserto.

Il Premier parla del ponte affidandogli esplicitamente “il rilancio economico, occupazionale, sociale e infrastrutturale italiano“ e con ciò fa capire di vivere da un’altra parte, non conoscere il contesto nazionale, non vedere che il nostro territorio ha bisogno di manutenzione (pensiamo alla tragedia che è successa proprio a Messina) più che di grandi cantieri. Inoltre cosa sono i 30 minuti che farebbe guadagnare il viadotto sullo Stretto a confronto delle ore che quotidianamente perdono i milioni di pendolari e tutti quelli che si spostano in città e nelle aree metropolitane?

C’è fame di metropolitane, di ferrovie locali, di trasporto pubblico rapido, sicuro ed efficiente.

Fra Messina e Palermo per due terzi del tratto la ferrovia corre su di un unico binario che presenta in alcune parti ancora i giunti in legno a chiusura delle traversine.

Investire in infrastrutture per riqualificare i centri urbani, migliorare la qualità della vita di chi abita, uscire dall’ingorgo, ridurre i gas serra e contrastare il cambiamento climatico. Questo è quel che serve, il ponte non rispondendo a nessuna di queste proprità.


Certo la manutenzione non porta un ritorno immediato di immagine e probabilmente di voti alle regionali ma il tanto celebrato Bertolaso sere fa raccontò tutto orgoglioso un episodio in cui contestava a Prodi la sottovalutazione della messa in sicurezza del territorio idrogeologico italiano perlando della necessità di metterci su almeno 12 miliardi.

Sto ancora aspettando di lodare la sua determinazione e la sua autonomia politica sentendogli dire le stesse cose a Berlusconi ma mi pare sia caduto in un profondo silenzio…

Del resto parlare oggi del ponte sullo Stretto è pura follia: ci sono ancora i cadaveri ed i dispersi del recente evento di Messina a riprova della necessità di un diverso approccio, ma il Premier è tentato da queste vere e proprie armi di distrazione di massa come un orso dal miele e tutti ricordano le 27 passeggiate 27 per il corso de L’Aquila.

La spudoratezza di annunciare che entro dicembre cominceranno i lavori per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, è ancora maggiore se si considera che nella finanziaria 2010 i fondi per la difesa del suolo sono passati da 540 a 120 milioni, cioè ridotti a un quarto, e che lo stato delle infrastrutture, e in particolare delle ferrovie, della Calabria e della Sicilia, è penoso. Occorre mettere in sicurezza il territorio e farlo subito, come dice la tragedia di Messina : senza investimenti adeguati sulle infrastrutture, visto che la ristrutturazione della Salerno-Reggio Calabria non sarà finita prima di 7-8 anni, lo sviluppo del Sud rischia di rimanere al palo, altro che ponte di Messina!

E poi c’è un’altro aspetto che concerne il “linguaggio violento e bugiardo degli annunci propagandistici “ come ben spiegato dal prof. Villari mercoledì sera a Ballarò: non esiste il progetto esecutivo ( nessuna approvazione ancora del CIPE) e comunque c’è in sospeso una azione di ricorso al TAR da parte di cittadini lesi nei propri diritti. Quindi nell’incredulità generale, stanno per essere avviate le prime opere. Pagate da tutti, inutili, in assenza del progetto definitivo. Devastanti, perché collocate in un territorio ad altissimo rischio idrogeologico.

Tutto andrà come prima, anzi: peggio di prima. Si inizia dal versante calabrese, ancora più a rischio idrogeologico di quello siciliano. “I primi lavori per il ponte riguardano necessariamente lo spostamento delle interferenze” – spiega l`A.D. della Stretto di Messina Ciucci, citato dal quotidiano l`Unione Sarda. “In questo caso la ferrovia di Cannitello, che verrà spostata più a monte“. Lavori per un importo di circa 20 milioni di euro.

L’unica cosa sicura sono quindi le opera collaterali sicché l`intero territorio dello Stretto diventerà un immenso cantiere: una devastazione


“Tanto per fare un esempio il treno, dal ponte, deve raggiungere la stazione ferroviaria di Messina attraverso un’intubata, che è più o meno come dire una metropolitana, ma come tutti sanno, per una metropolitana c’è un cantiere aperto ogni cento metri circa, il che significherà sventrare tutto il centro di Messina”, spiega Fernando Giovine, l`esperto che ha firmato le controdeduzioni allo Studio di Impatto Ambientale della Stretto di Messina. “E la gente che abita i palazzi che verranno espropriati per fare i cantieri dove andrà? Bisognerà costruire nuove case. Dove? Io non faccio una valutazione di tipo visivo, ma di impatto su un territorio fortemente antropizzato. Aldilà di cantieri, cave, discariche bisognerà costruire nuovi quartieri ove trasferire migliaia di persone con un ulteriore consumo di suolo ed una devastazione ambientale nemmeno immaginabile“.

Molti pensano che in realtà sia tutto fumo e non se ne farà nulla, tranne le opere accessorie devastanti anch’esse.

Ad agosto, Giovine aveva dichiarato: “Secondo me non ci approssimiamo all’apertura dei cantieri del ponte, ma delle opere accessorie. Il ponte, così come è progettato, lo dice l’Ing. Calzona, non si può fare e questo lo sanno tutti. Ciò che avverrà, a mio avviso, sarà l’inserimento di tutta una serie di opere accessorie in altri progetti esecutivi con espropri e sbancamenti in un massacro del territorio senza precedenti, poi, visto che il ponte non si può fare se ne andranno, il che sarà peggio che se il ponte lo facessero per davvero.”

Ma a Berlusconi che gliene frega, quando la nebbia degli annunci e degli effetti speciali si sarà abbassata ne penserà un’altra e così via, come da 15 anni a questa parte.

via AgoraVox

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