In questa legislatura Tremonti ci ha abituato a dichiarazioni pubbliche scollegate da ogni conseguenza politica, esternazioni sul commercio internazionale, sui banchieri, sugli economisti, sui petrolieri, sui paradisi fiscali a cui (spesso per fortuna) non seguiva niente di concreto. A cui corrispondevano silenzi su tutto il resto, a cominciare da Alitalia di cui era, come ministro, il primo azionista. Ma i giornali e il dibattito politico rispondono sempre secondo il copione: pensosi editoriali, interviste a cantautori o intellettuali, sempre uno a favore e uno contro.
Ma il governo? Tremonti pensa davvero di ridurre la precarietà in Italia? E se sì, come? Si potrebbe intervenire sugli ammortizzatori sociali, per rendere il lavoro provvisorio flessibile e non precario, aiutando chi perde il posto di lavoro. Ma il governo non vuole farlo, Brunetta dice che abbiamo già “il miglior sistema del mondo”. Si potrebbero abolire alcune forme di contratto a tempo determinato, ma significherebbe scardinare una struttura produttiva ormai consolidata da più di dieci anni. E chi la sente poi la Confindustria?
Oppure si può lanciare il tema, discuterne fino alla prossima dichiarazione e poi lasciarlo cadere.
Intanto Tremonti ha già incassato un duplice risultato: ha dimostrato che in Italia non c'è bisogno di una sinistra, perché il Pdl (e lui nello specifico) può contenere al suo interno tutto l'arco di posizioni culturali, dagli ultraliberisti alla sinistra no-global. Secondo: ha fatto sparire dall'apertura delle pagine economiche di giornali e tg la notizia che l'Antitrust indaga le Poste Italiane per abuso di posizione dominante, proprio le Poste che dovranno essere il cardine della Banca del Mezzogiorno voluta dal ministro.
via Il Fatto Quotidiano
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