lunedì 19 ottobre 2009

La trattativa tra mafia e stato ci fu: lo conferma Grasso


Il procuratore antimafia Piero Grasso ha recentemente rilasciato delle dichiarazioni esplosive: il magistrato infatti conferma che venne effettivamente avviata una trattativa tra mafia ed esponenti delle istituzioni, trattativa che «salvò la vita a molti politici». Ecco un brevissimo riassunto di quanto emerge: è un quadro incompleto sicuramente, ma contiene già parecchi spunti interessanti.

Le necessità di Cosa Nostra
Tangentopoli aveva cambiato molte cose, e c'era da parte di Cosa Nostra sia il bisogno di regolare i conti con i vecchi referenti politici sia quello di trovare nuove forme di convivenza nel quadro politico in divenire. L'organizzazione criminale si sarebbe quindi trovata


davanti ad un bivio: o continuare per la propria strada, a colpi di esplosivo e di lupara, per arrivare a prefigurare una condizione di secessione dell’isola dal resto del paese, per poi trasformarla in una sorta di porto franco. Si pensi, a tale riguardo, alla circostanza mai chiarita della fondazione di una serie di “leghe del Sud”, compresa Libera Sicilia, che vide coinvolto perfino il cognato di Riina, Leoluca Bagarella e alle dichiarazioni di allora dell’ideologo della Lega Nord Gianfranco Miglio che sosteneva a spada tratta le ragioni della secessione, anche in risposta alle istanze federaliste del nord Italia. Oppure trattare per arrivare ad un accordo con lo Stato, o meglio settori deviati dello stesso, in questo ripercorrendo una strada battuta a più riprese fin dai tempi della strage di Portella della Ginestra e dall’eliminazione del bandito Salvatore Giuliano. 
Ma i boss mafiosi capirono presto che sarebbe stato controproducente continuare a far saltare in aria tutti i politici, perché erano proprio loro che dovevano soddisfare le richieste della mafia.

Una storia inquietante

In un primo tempo i boss mafiosi «pensavano di attaccare il potere politico ed avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di Martelli, Andreotti, Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome», dice Grasso. Però poi pensarono che sarebbe stato meglio lasciare loro scampo in cambio di una trattativa. La strage di via D'Amelio, in cui morirono Borsellino e la sua scorta, ebbe probabilmente il ruolo di accelerare il processo di accordo tra stato e mafia.
Il procuratore Grasso rivela che negli atti del processo era già presente un "papellino" con le richieste di Cosa Nostra, precedente al "papello" trovato fra i documenti di Vito Ciancimino.
Anche questo documento potrebbe «essere stato consegnato ai carabinieri del Ros, al colonnello Mori, il quale nega l’episodio, da uno strano collaboratore dei servizi».
Il papellino chiedeva «l’abolizione dell’ergastolo per i boss Luciano Liggio, Giovambattista Pullarà, Pippo Calò, Giuseppe Giacomo Gambino e Bernardo Brusca ». Le richieste non erano accettabili: ciò che venne offerto ai boss in cambio della loro resa fu «un ottimo trattamento per i familiari, un ottimo trattamento carcerario e una sorta di giusta valutazione delle responsabilità». 
Troppo poco secondo l'allora sindaco di Palermo Vito Ciancimino, il quale non riferì ai boss, cercando di prendere tempo. Riina nel frattempo aveva fretta di concludere la trattativa, e progettò un attentato allo stesso Grasso (allora procuratore di Palermo); attentato che non venne realizzato per «un disguido tecnico». Poco dopo Riina fu arrestato.

Le reazioni alle dichiarazioni di Grasso
Di Pietro scrive sul suo blog:
Piero Grasso deve fare i nomi di chi ha gestito questa indecente mercificazione dello Stato e della sua dignità. Piero Grasso deve dire quali politici sono stati salvati e perchè la mafia voleva ucciderli. Cosa avevano promesso i politici? Cosa hanno ottenuto? Chi sono i porta nome e porta interessi della mafia in Parlamento? Alcuni nomi li conosciamo: il primo sarebbe stato Giulio Andreotti, uomo di 'esperienza' nei rapporti con la mafia, salvato dal reato di favoreggiamento per prescrizione; un altro è Marcello Dell’Utri, fondatore di Forza Italia, oggi in appello con 9 anni di condanna in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. Vogliamo tutti i nomi, l'intera lista, per poterli allontanare dalle istituzioni e processare, oltre che per i reati più ovvi, anche per alto tradimento della Patria.
Giampiero D’Alia (Udc), membro dell’antimafia, chiede che Grasso venga convocato subito dalla commissione.
Uno dei politici di cui Grasso ha fatto il nome, Carlo Vizzini, oggi parlamentare Pdl, e nel 1992, epoca delle stragi mafiose, segretario del Psi, reagisce dicendo che proverebbe «profondo disprezzo per chiunque avesse trattato con la mafia». Quanto a lui, avrebbe preferito «cento volte essere ucciso piuttosto che si fosse svolta una trattativa coi mafiosi che devono morire poveri e in galera col carcere duro». 

Massimo Ciancimino, figlio di Vito, assicura in un’intervista a Raitre, che la trattativa cominciò «a fine maggio ‘92, prima dell’omicidio Borsellino». Riina fece uccidere Salvo Lima e avviò la stagione delle stragi: questo significa, secondo Massimo Ciancimino, che «aveva già le coperture, insomma un referente», al quale evidentemente con le uccisioni mandava sanguinosi messaggi.


Sta venendo fuori qualcosa? Perché, dopo 17 anni? Cosa si è sbloccato?


Fonti:
Corriere della Sera
Articolo21
RaiNews24


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