Se davvero fosse vero che il governo vuole porre la questione di fiducia sul processo breve, ci sarebbe davvero da divertirsi. Dopo un anno e mezzo dall’inizio della legislatura, la maggioranza più forte che sia mai uscita dalle urne in Italia appare davvero, come si diceva per Prodi, “divisa su tutto”. La strategia di Fini ormai è chiara: da una parte, il presidente della Camera fa sì sì con la testa a Berlusconi, poi continua ad aprire fronti di sottecchi. Dice no alla candidatura di Cosentino in Campania; fa riscrivere dieci volte al povero Ghedini la legge sul processo breve, sfruttando l’auctoritas di Giulia Bongiorno; in parlamento, fa promuovere una legge per inasprire le pene per i politici collusi con la camorra; in Sicilia, i suoi soffiano sul fuoco dell’irredentismo di Micciché. Con queste premesse è davvero difficile non pensare che la nuova legge sarà sottoposta a qualche agguato parlamentare, e che non basteranno due giri di campo tra Camera e Senato per farla approvare.
Dalle parti del governo, poi, non è che tutto giri a gonfie vele. “Non c’è problema sulla Banca del Sud”, diceva giovedì in conferenza stampa all’Ecofin Giulio Tremonti. E la Banca del Sud il giorno dopo viene cassata dalla Finanziaria. Intanto, il ministro dell’Economia ha uno spettacolare scazzo con Renato Brunetta, con tanto di “non ti avvicinare o ti prendo a calci in culo” che finisce sul Corriere della Sera. E tutti gli altri responsabili di dicasteri economici ce l’hanno con Giulietto, che li frega con classe sul taglio delle tasse giocando la carta del rigore, come se fosse un Padoa-Schioppa qualsiasi. Casini, poi, rimane inaffidabile. Si incontra con il premier e si dice disposto a trattare, poi dice che la legge sul processo breve è una porcata, rilanciando il Lodo Alfano per via costituzionale (quattro letture tra Camera e Senato: mettiamoci comodi…).
Insomma, è chiaro che a livello di politica politicante la fiducia in Berlusconi non c’è; ma siccome ci vuole molto tempo prima che questo venga percepito dall’opinione pubblica, è anche vero che nel paese è l’esatto contrario: il premier può contare su un consenso solido, un’alternativa politica è oggi inesistente sia a destra (dove Fini si continua ad incontrare con le gerarchie cattoliche un giorno sì e l’altro pure: come farà a far coincidere tutto ciò e le sue battaglie per le leggi laiche in una credibile alternativa politica è tutto da dimostrare), che a sinistra. Tutto trama per un ritorno alle urne a breve, con un colpo di mano che porterebbe a una nuova, definitiva vittoria di Berlusconi sull’opposizione interna. Certo, c’è anche da dire che tre mesi di orribile campagna elettorale tutti-contro-tutti sarebbero la peggiore alternativa possibile in un paese che è in ginocchio. Ma questi, alla fin fine, sono dettagli.
via Giornalettismo
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domenica 15 novembre 2009
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