domenica 29 novembre 2009

Un "garante" della Costituzione?


In molti si aspettavano un intervento di Giorgio Napolitano sull’escalation della tensione che si respira in Italia tra la politica e la magistratura o, meglio, tra Berlusconi e la giustizia. È da quando è stato bocciato il lodo Alfano che stiamo assistendo a continui attacchi alle basi fondamentali di uno Stato di diritto, siano gli attacchi frontali di Berlusconi alla Consulta e alle toghe, siano le proposte di legge sull’immunità parlamentare, sia il ddl sul «processo breve», sia il Parlamento scavalcato continuamente dall’Esecutivo. I 3 poteri – l’esecutivo, il legislativo e il giudiziario – mostrano segni di insofferenza verso le loro stesse autonomie.


Oggi è arrivata la presa di posizione chiara del Presidente della Repubblica: «L’interesse del Paese – che deve affrontare seri e complessi problemi di ordine economico e sociale – richiede che si fermi la spirale di una crescente drammatizzazione, cui si sta assistendo, delle polemiche e delle tensioni non solo tra opposte parti politiche ma tra istituzioni investite di distinte responsabilità costituzionali. Va ribadito che nulla può abbattere un governo che abbia la fiducia della maggioranza del Parlamento, in quanto poggi sulla coesione della coalizione che ha ottenuto dai cittadini-elettori il consenso necessario per governare. È indispensabile che da tutte le parti venga uno sforzo di autocontrollo nelle dichiarazioni pubbliche, e che quanti appartengono alla istituzione preposta all’esercizio della giurisdizione, si attengano rigorosamente allo svolgimento di tale funzione. E spetta al Parlamento esaminare, in un clima più costruttivo, misure di riforma volte a definire corretti equilibri tra politica e giustizia».

Che dire? L’intervento di Napolitano richima molto da vicino quello fatto a pochi giorni dal G8 de L’Aquila («Io capisco tutte le ragioni dell’informazione e della politica, però io penso che sarebbe abbastanza giusto, di qui al G8, data la delicatezza di questo grosso appuntamento internazionale, anche una tregua nelle polemiche»). Oggi però siamo andati oltre. Andiamo con ordine.

1- «Nulla può abbattere un governo che abbia la fiducia della maggioranza del Parlamento»: e tutti i governi caduti fino ad oggi? Prendiamo la caduta del secondo governo Prodi. Da cosa è stata causata? Al di là dell’evidente eterogeneità dell’armata Brancaleone, perché Prodi è stato mandato a casa? Secondo i benpensanti, per le inchieste sui Mastella. Problema: le indagini sono fondate, come dimostrano i rinvii a giudizio, e comunque non c’era nessuna legge che vietava all’allora ministro della Giustizia di restare in carica (si pensi a Berlusconi, plurimputato e tutt’ora premier). E allora, perché è caduto Prodi? Nonostante fosse venuto fuori anche il sospetto di un acquisto di senatori da parte dell’allora leader dell’opposizione (Berlusconi lo confessò via telefono allo zerbino Saccà: «Io sto cercando di aver la maggioranza in Senato»), nessuno si sentì in dovere di dire che il governo non può cadere per nessun motivo. Eppure le analogie con oggi ci sono: maggioranza litigiosa ed esponenti del governo indagati e sotto processo sono elementi incontestabili. Ma allora perché Napolitano è intervenuto solo oggi? Perché solo questo governo non deve cadere?

2- «È indispensabile che da tutte le parti venga uno sforzo di autocontrollo nelle dichiarazioni pubbliche»: e chi è che continua a sparare boiate? I magistrati? L’opposizione? O forse è proprio gran parte della maggioranza, che mette in evidenza la sua allergia alla Costituzione, soprattutto sul principio dell’uguaglianza e sulla divisione dei poteri? E poi, caro Napolitano, l’articolo 21 è stato abolito?

3- «È indispensabile che quanti appartengono alla istituzione preposta all’esercizio della giurisdizione, si attengano rigorosamente allo svolgimento di tale funzione»: l’articolo 112 («Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale») è ancora in vigore? Perché se vengono fuori notizie di reato – come ad esempio l’appoggio alla mafia da parte di esponenti politici di spicco (c’è chi parla della seconda e della quarta carica dello Stato) – le indagini vanno fatte. O no?

Questi sono solo alcuni dei quesiti che ci sono venuti in mente leggendo la dichiarazione di Napolitano e, soprattutto, le reazioni politiche, in particolare del Pdl: tutti elogi sperticati al Presidente, lodi, incensamenti. Cioè smaccate leccate di culo, nonostante il suo passato comunista. È la coerenza del nostro centrodestra: sono garantisti quando viene arrestato uno dei loro, giustizialisti se uno della sinistra (ma quale? Il Pd, Sinistra e Libertà, Comunisti italiani...?) è anche solo indagato; le toghe sono rosse se condannano un destrorso, giuste se lo assolvono.

In questo caso però non è il caso di fermarsi sui berluscones. Il problema è proprio Napolitano. Vi ricordate cosa disse di lui Berlusconi quando venne bocciato il lodo Alfano? «Il capo dello Stato sapete voi da che parte sta». Come confermerebbero le ricostruzioni de Il Giornale sul lodo Alfano (in pratica scritto dagli addetti di Napolitano che garantì un’intervento sulla Consulta per farlo passare) e le parole di oggi, forse abbiamo capito cosa intendeva il premier...


via Bile

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1 commenti:

Cassandra testarda ha detto...

Condivido il contenuto di questo articolo, e in particolare la riflessione finale. A differenza di chi da sinistra ha espresso la solita solidarietà o condivisione di circostnza, o per dovere d'ufficio, a Napolitano, io nel suo improvvisato ma ricorrente invito alla moderazione dei toni ci ho letto un significato e un rimprovero ai magistrati che non mi é piaciuto. E anch'io l'ho scritto sul mio blog http://cassandralg.blogspot.com

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