giovedì 12 novembre 2009

L’immunità parlamentare oggi è una truffa ai cittadini

Quella che vorrebbe introdurre il centrodestra, nella nuova era delle nomine e dei parlamentari calati dall’alto, darebbe oggi ai politici il potere di sottrarre alla giustizia una qualsiasi persona amica colpevole di un grave reato. Sedici anni fa non sarebbe stato possibile.


Margherita Boniver, la deputata firmataria della proposta di legge che vuole reintrodurre di nuovo l’immunità per i parlamentari ha definito l’abolizione risalente a 16 anni fa (ottobre ’93) come “un incredibile atto di vigliaccheria dall’Assemblea di Palazzo Madama” compiuto in un “clima di pesante intimidazione”. Ma è il parlare di immunità oggi come di un glorioso ritorno a quanto oltre 60 anni fa avevano sancito i nostri Padri Costituenti, questo sì, un atto di vigliaccheria, perché ingannevole, in quanto non tiene conto del quadro normativo in cui nel 2009 vengono candidati e poi eletti i rappresentati del popolo che dovrebbero usufruire di quella protezione esclusiva. Lo è se si omette di precisare che deputati e senatori eletti oggi non possono, come un tempo, definirsi, nel senso più letterale che questa espressione può assumere, “scelti dal popolo”.
COME ERAVAMO – Tutti i parlamentari che hanno l’onore di dover rappresentare i propri concittadini, infatti, non possono oggi vantare di aver ricevuto una di quelle investiture popolari nette, importanti, inequivocabili, di cui potevano pregiarsi le vecchie volpi della Prima Repubblica, che, piaccia o no, ad ogni tornata elettorale avevano la forza e le capacità di racimolare decine (a volte centinaia) di migliaia di preferenze. Dovevano chiedere il voto agli elettori, lavorare sul campo, non starsene tranquilli ad aspettare i risultati orientandosi coi sondaggi ed improvvisando una noiosa e pressocchè inutile campagna elettorale. In virtù delle nuove leggi elettorali approvate, il Mattarellum prima, ma soprattutto il Porcellum poi, che hanno inciso radicalmente sull’organizzazione interna dei partiti e sulla natura stessa del politico, non possiamo oggi essere certi che ogni deputato e ogni senatore siano espressione della volontà popolare, né di un territorio, né tantomeno di una specifica categoria di persone. Casomai siamo più certi, invece, che buona parte degli eletti sia espressione della pura e semplice volontà personale di un leader di partito. La discrezionalità pare abbia infatti sostituito la competizione, la nomina preso il posto della scelta proveniente dal basso, i media sembrano aver spazzato via, per quel che potevano contare, comizi e sezioni, spianando così la strada a tutta quella gente calata dall’alto, spesso segretari, portaborse, mogli, amanti, personaggi dello spettacolo, che non garantiscono sicuramente l’esperienza sul campo e quel livello di competenze politiche che potevano vantare i parlamentari eletti fino al ’92.

SALVARE GLI INDAGATI – Se, dunque, oggi una legge che riporti l’articolo 68 della Costituzione indietro di 16 anni, può creare un equilibrio, in materia di immunità, tra quanto stabilito dalla legge per un parlamentare eletto a Montecitorio o Palazzo Madama ed uno chiamato a rappresentare l’Italia a Strasburgo, può sicuramente anche creare l’effetto contrario di attribuire ai politici il potere di bloccare ogni azione della Magistratura verso qualche cittadino mai per nulla impegnato, o forse nemmeno interessato, alla politica in ogni sua forma ed espressione. Basterebbe, infatti, inserire l’”amico degli amici” di turno in una delle liste bloccate per proteggerlo adeguatamente da inchieste scomode e da eventuali successive condanne. Stando a quanto finora stabilito dall’art. 68 della Costituzione, senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o essere mantenuto in detenzione. Se dovesse passare la proposta appena arrivata in aula, invece, il parlamentare senza autorizzazione non potrà nemmeno essere sottoposto a procedimento penale. Si passerebbe, insomma, dal pericolo che una piccola frangia della Magistratura possa usare il potere giudiziario per condizionare il quadro politico (il rischio al quale amano far riferimento tutti coloro che si dicono favorevoli alla proposta Boniver), alla certezza che i politici potranno abilmente, ad ogni chiamata alle urne, sottrarre alla giustizia una persona che si presume colpevole di reato penale.

CONTROINDICAZIONI - Un tempo, dicevamo, il soggetto in questione per evitare il carcere avrebbe dovuto, per assurdo, candidarsi prima e poi farsi indicare da una miriade di suoi concittadini come la persona più adatta per rappresentare le loro istanze, per risolvere i loro problemi, per sentirsi più vicini alle istituzioni. Semplicemente impossibile. Tra qualche tempo, se dovesse andare in porto il progetto della maggioranza, potrebbe bastare, invece, bussare alla porta di una di quelle cinque o sei oligarchie che dominano la scena politica. I familiari e gli amici intimi di Berlusconi, Bersani, Casini, Bossi e Di Pietro, insomma, potranno d’ora in poi dormire sonni tranquilli e, se ne avranno voglia, togliersi lo sfizio di delinquere. Se lo faranno a difenderli dai giudici non ci saranno solo gli avvocati. La nuova leggina e la “porcata” elettorale, insieme, potranno metterli al riparo. E a quel punto sarà ancor più difficile capire quale fosse l’”interesse della collettività” che la Boniver, oggi, dice di voler tutelare.



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