Proteste per la privatizzazione degli acquedotti.
La cosiddetta ‘riforma’ dell’acqua, che prevede la privatizzazione di un bene essenziale come l’acqua, è l’ultimo ‘regalo’ del governo Berlusconi, tanto da spingere l’esecutivo a chiedere la fiducia, perchè anche ne centro destra c’è chi non accetta questa soluzione. Entro due anni dovrà essere messo i vendita il comparto idrico ed affidato a privati o ceduto a società miste, nelle quali comunque la proprietà pubblica dovrà essere minoritaria.
Per il Wwf questa decisione “arriva in un momento molto delicato ed estremamente vulnerabile per le capacità dello Stato di pianificare, controllare e gestire la risorsa idrica”.
Per gli ambientalisti “l’acqua, bene comune e prezioso” deve essere difesa. Ed invece, fa notare l’organizzazione, “il suo destino è oggi affidato all’approvazione di una norma (articolo 15 dl 135/09) che, se dovesse passare, rischia di non accontentare nessuno, nè chi è per la ripubblicizzazione della gestione , nè chi è per la liberalizzazione”.
La nuova norma “rimette in discussione – continua il Wwf – anche le società che hanno già avviato, da almeno due anni, la gestione della risorsa idrica secondo le leggi vigenti”. Bisogna “invocare nel provvedimento in discussione l’obbligo comunitario è inoltre un falso problema, visto che permane saldo, nel diritto e nell’esperienza comunitaria, l’istituto dell’ in house providing , ovvero, quel complesso di strutture che svolgono attività di pubblica amministrazione, sia l’esercizio della funzione organizzativa dei pubblici poteri” ha insistito l’associazione.
Con questo provvedimento, continua il Wwf, gli Enti locali italiani “saranno liberi di scegliere le forme di gestione dei servizi pubblici ambientali purchè essi ricorrano esclusivamente a società private selezionate mediante gara o all’affidamento a società pubblico/private, con la presenza del partner privato scelto con gara che abbia una quota di partecipazione non al di sotto del 40 per cento e i compiti operativi connessi con la gestione del servizio o a società quotate. Si sono affermate le società miste definendo il tetto alla partecipazione pubblica al 30 per cento”.
Ma, denuncia il Wwf, “sono ben altri gli obblighi, non solo comunitari, e le esigenze a cui l’Italia dovrebbe dar seriamente seguito e che sono il presupposto per garantire una gestione adeguata dell’acqua, a partire dall’urgente, necessità di istituire le Autorità di distretto, ovvero, ampi ambiti territoriali per pianificare e gestire l’uso dell’acqua ma anche tutte le altrettanto urgenti politiche di difesa del suolo”.
Il Wwf identifica per il Paese 5 passi da compiere prima di affrontare aspetti parziali che andrebbero a creare ulteriori problemi alla gestione già frammentata e confusa delle acque.
Primo: redigere i Piani di gestione di bacino idrografico (siamo già in estremo ritardo), in ottemperanza della Direttiva Quadro Acque 2000/60/CE, attraverso il coordinamento di Autorità di bacino solo per cercare di evitare le sanzioni europee.
Secondo: istituire le Autorità di distretto, come previsto dalla Direttiva Quadro Acque, recuperando l’esperienza delle Autorità di bacino, che sono gli unici soggetti che possono orientare e pianificare seriamente e a livello di bacino idrografico la gestione e tutela della risorsa idrica e che in questi ultimi anni sono state delegittimate e private dal 2002 di finanziamenti correnti.
Terzo: confermare il diritto all’acqua e discutere la proposta di legge d’iniziativa popolare “Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico”, che era stata presentata nel 2007 da oltre 400 mila cittadini e che giace in qualche cassetto dimenticato del Parlamento.
Quarto: garantire la partecipazione pubblica nella redazione degli strumenti di pianificazione come previsto dall’articolo 14 (”informazione e consultazione pubblica”) della Direttiva 2000/60 CE.
Quinto: controllare che il rilascio o il rinnovo di concessioni di prelievo di acque, fatti salvi i prelievi destinati al consumo umano per il soddisfacimento del diritto all’acqua, considerando il principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse soddisfacendo in particolare il principio “chi inquina paga” (così come previsto dall’articolo 9 della Direttiva 2000/60 CE).
Il Wwf da anni chiede che venga affrontato “seriamente, in modo completo ed integrato il problema del ‘governo dell’acqua, che, come si è detto, non può prescindere dall’istituzione delle Autorità di distretto, che rappresentano o possono rappresentare il vero momento di sintesi per la pianificazione di una risorsa fondamentale, quale è l’acqua, anche per le politiche di adattamento ai cambiamenti climatici”.
Michele Candotti, direttore generale del Wwf Italia, ha dichiarato: “Chiediamo quindi che venga stralciato l’art. 15 del dl. 135 e che il governo s’impegni ad avviare urgentemente un confronto nazionale, attraverso degli ‘Stati generali dell’Acqua’, tra istituzioni e attori non istituzionali per trovare soluzioni condivise per il governo, la tutela e la gestione di un bene comune e primario come l’acqua”.
Anche il Codacons ha esposto critiche: “Il governo ha posto la fiducia sul decreto legge cosiddetto salva-infrazioni, che contiene anche la norma sulla privatizzazione dell’acqua. Non c’è limite al peggio”..
Questo esecutivo, che al momento non ha preso una sola misura di liberalizzazione, ha rilevato l’associazione dei consumatori, “ha deciso di privatizzare anche l’ultima cosa che era rimasta pubblica, concedendo così di speculare pure su un bene primario ed indispensabile come l’acqua. Si profila così una nuova stangata a carico delle famiglie italiane che si troveranno a dover pagare non solo l’acqua, ma anche i profitti di chi speculerà sull’acqua. Si passerà così da un monopolio pubblico ad un monopolio privato”.
Il sospetto che tutto questo sia fatto per arricchire i produttori di acque minerali e per creare nuovi consigli di amministrazione nei quali papparsi qualche lauto stipendio, ha concluso il Codacons, “è più che fondato, come dimostra il fatto che sull’argomento si sia voluto evitare un dibattito serio in aula, ponendo la fiducia. Il fatto che questa ennesima speculazione sia a danno dei consumatori è invece una certezza”.
Anche la Lega non ha nascosto la sua insoddisfazione. A segnalarlo è stato il vicepresidente dei deputati ‘padani’, Marco Reguzzoni, secondo il quale “il testo che è arrivato dal Senato è migliorativo rispetto a quello originario, però la Lega sull’articolo 15 (quello sui servizi pubblici locali, ndr) avrebbe voluto migliorare il testo per farlo corrispondere con la sua posizione storica a favore dell’acqua pubblica”.
Il ‘Fronte del no’ ha annunciato battaglia, definendo la scelta che “privatizza l’acqua” una “legge orribile” che legittima il “furto di un bene naturale”, trasformandolo in una merce da mettere sul mercato con una mera logica di profitto.
Il ‘Fronte’ ha annunciato ieri nel corso di una conferenza stampa che la legge non ha alcuna logica, nessun riferimento alla normativa europea a cui si fa riferimento, nessuna giustificazione: “Premia solo pochi speculatori che tramite i loro padrini politici cercano di appropriarsi di un bene che è pubblico”, ha detto Massimo Donadi (Idv).
A sostegno della iniziativa anche il Pd con Jean Leonard Touadì e il ‘Forum Nazionale dell’acqua’ al quale aderiscono tra gli altri Paolo Corsetti epadre Alex Zanotelli.
“In un silenzio che colpisce si sta realizzando un sostanziale passo indietro della nostra democrazia”, ha aggiunto il capogruppo dell’Idv. Da tutti una indicazione diretta: la scelta del referendum che l’Idv promuoverà assieme al quello sul no al nucleare e a quello sul “processo breve”.
Corsetti ha criticato i politici, spiegando che se ci fosse stata una autentica mobilitazione, anche informativa, si poteva far capire cosa stava accadendo e che se il referendum ‘calerà dall’alto’ si rischia di chiudere definitivamente la partita e consegnare l’acqua alla speculazione.
Leoluca Orlando, portavoce dell’Idv, ha ricordato che la mafia è nata e si è rafforzata proprio sul controllo dell’acqua. “Se affideremo questo bene naturale alle multinazionali il loro peso sarà maggiore di quello che ora hanno rispetto al petrolio”. Franco Barbato ha ricordato le battaglie svolte a Napoli, mentre Domenico Scilipoti ha giudicato grave, demoralizzante che mentre nella commissione ambiente si discute della legge di iniziativa popolare che chiede al governo la gestione pubblica delle acque e la ripubblicizzazione del servizio idrici, il governo, con un decreto sceglie la strada della privatizzazione. “Parlo con deputati anche del centro destra e da solo a solo trovo molti che dicono che questa scelta sull’acqua provocherà molti danni”, ha concluso Scilipoti.
via Inviato Speciale
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