lunedì 23 novembre 2009

Toghe rosse e cervelli in fuga


Prosegue lo scontro sulla giustizia. Ad infiammare l’ambiente sono state le parole odierne del procuratore aggiunto di Milano Spataro, intervistato dall’Annunziata nel programma In mezz’ora. La toga milanese, dunque rossa, ha bocciato senza appello il ddl Gasparri-Quagliariello-Bricolo sul processo breve: «Il ministro [Alfano, nda] viene in Parlamento dicendo che solo l’1% dei processi sarà soggetto a questo abbattimento. Allora dov’è il problema? Vuole dire che il 99% dei processi funziona egregiamente. Vuol dire che il 99% dei cittadini non si lamenta? Nell’1% forse c’è qualcuno che ha interesse a bloccare il processo».

Logica granitica, non c’è che dire. A cosa serve una legge che influisca solo sull’1% dei processi se non a chi casualmente rientra in quell’1%? Spataro però non si è fermato qui e ha bocciato anche la proposta di Casini, ovvero un nuovo lodo Alfano da approvare per via costituzionale: «Posso anche comprendere che l’onorevole Casini sia mosso da un idealismo politico, ma questo non è compatibile con il principio dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge».

Il togato ha poi invitato a dosare le parole nel parlare di terrorismo: «Credo sia interesse di tutti evitare la propagazione di allarmi che generano insicurezza e che possono anche indurre i cittadini a sacrifici della loro libertà personale e dei loro diritti. Questo non è corretto. [...] Ho sentito direttamente un’intervista in cui il ministro Maroni ha precisato il suo pensiero: ha detto che non c’è prova di questo [cioè dei collegamenti tra terrorismo storicamente italiano e islamico, nda] ma è giusto lavorarci. In questi termini sono d’accordo. Se invece qualcuno, o lui stesso in passato, avesse detto che questi collegamenti esistono, non sarei per nulla d’accordo».

Chiaro che frasi del genere non possono andare giù ai berluscones. E allora via alla solita litania e alla carrellata di corbellerie dei soliti noti. Partiamo con Capezzone: «Con la collaborazione di Lucia Annunziata, si è svolta su Rai 3 una sorta di tribuna politica del procuratore Spataro. Ma è accettabile che un procuratore, senza contraddittorio, si permetta di dire ciò che Parlamento e Governo possono o non possono fare, di dare pagelle preventive a questo o a quel disegno di legge, di bocciare o promuovere una riforma? Il caso di oggi, dopo la recente performance santoriana del procuratore Ingroia, è l’ennesima prova di una evidente politicizzazione di settori della nostra magistratura, che avrà un unico effetto: quello di far ulteriormente scendere la fiducia degli italiani nell’imparzialità della nostra giustizia».

Passiamo a Gasparri: «Spataro, dopo le performance di Ingroia, rende ancora più intensa la campagna televisiva a base di menzogne della sinistra giudiziaria. Spataro dopo aver allestito processi a chi ha contrastato il terrorismo fondamentalista, si dedica ad attacchi politici a Berlusconi e mente sapendo di mentire sull’attività del Parlamento. Che gente come Spataro e Ingroia indossino la toga per coprire i propri disegni politici è motivo di inquietudine. Siamo di fronte a un’azione eversiva contro la legalità democratica, dove gli Abu Omar e gli Spatuzza diventano i campioni di una strategia tesa a occupare le istituzioni. La volontà popolare non sarà cancellata da queste manovre che violano ogni principio costituzionale».

Più breve Bondi: «Non c’è un solo Paese nel mondo, neppure quelli più lontani dalla democrazia, in cui un magistrato può dire pubblicamente quello che ha detto oggi Spataro. Ma la seconda anomalia del nostro Paese riguarda il fatto che la sinistra non ritiene, di fronte a questa gravissima vicenda, di esprimere la propria preoccupazione e la propria condanna».

Chiosa Cicchitto: «Dopo Ingroia a Annozero ora Spataro a In mezz’ora. Tutti i conti tornano, sia dal punto di vista televisivo sia da quello giudiziario. È in pieno svolgimento l’offensiva del circo mediatico-giudiziario. Spataro è intervenuto su tutte le cose giudiziariamente e politicamente più significative, ha attaccato due ministri della Repubblica (il ministro della giustizia Alfano e il ministro dell’Interno Maroni) e ha contestato l’apposizione del segreto di Stato. C’è ancora qualcuno che ha la faccia tosta di parlare di attentato alla libertà di stampa da parte del governo quando i principali talk-show della televisione pubblica sono usati per dare parola non solo ai politici, ma anche a quel ridotto nucleo di magistrati che sono i protagonisti di questa offensiva contro gli equilibri politici stabiliti dagli elettori. È una conferma dell’esistenza di una grande anomalia italiana contro la quale è indispensabile battersi a tutti i livelli, nel Parlamento e nel Paese».

A questi strani personaggi che affollano la politica italiana non viene in mente ad esempio che l’art. 21 della Costituzione, quello anche sulla libertà di parola, si applica anche ai magistrati. Ma, soprattutto, non passa loro per la mente di contestare ciò che viene detto: bisogna attaccare la persona e, sempre e comunque, buttarla in politica.

Chiudiamo con un paio di frasi, sempre sul processo breve, pronunciate da un’altra toga: «Si è proposto di intervenire con una figura inedita e sconosciuta di prescrizione dei processi che durano più di due anni per arrivare al giudizio, che include delitti di indubbio allarme sociale come la concussione, la corruzione e la truffa aggravata»; «Se si dice che si vogliono far condannare gli immigrati [il ddl non comprende il reato di immigrazione clandestina, nda], allora si dice che la legge nasce per sfuggire alla condanna, vuol dire che questo disegno di legge serve per evitare le condanne»; «Le forze sono quelle che sono... i magistrati tenteranno di fare prima i processi che scadono, e quindi i processi di mafia resteranno ad aspettare»; «Con il processo breve tanti procedimenti in corso come quelli Parmalat, Cirio, Thyssen Krupp saranno estinti per prescrizione e non ci saranno colpevoli». Tranquilli: queste non sono altre parole di Spataro, di Ingroia, della Gandus, della Bocassini, di Borrelli o di qualche altra toga rossa. Sono le frasi di ieri del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, che ha parlato anche della legge sulle aste di vendita dei beni sottratti alla mafia, dicendo che «in un momento di crisi come questo solo la criminalità organizzata ha la liquidità sufficiente per partecipare alle aste pubbliche e, grazie al  suo potere di intimidazione, la mafia farà andare le aste deserte per favorire i prestanome».

Nonostante il senso di queste dichiarazioni sia molto simile a quello delle parole di Spataro, soprattutto nella critica all’attività legislativa, non è stata registrata alcuna reazione del Pdl: nessun maggiordomo ha tacciato di ingerenza politica il procuratore nazionale, nessun portavoce berlusconiano si è stracciato le vesti per questa bocciatura. Come mai? Forse perché Piero Grasso è stato messo lì proprio da loro nel 2005 con apposita legge ad personam (anzi, contra personam, visto che è stata fatta per bloccare la carriera di Gian Carlo Caselli)? Probabilmente non lo sapremo mai, soprattutto perché nessuno di quelli che dovrebbero fare informazione pone a queste autorità politiche delle vere domande, smerdandoli.

via Bile

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