Una straordinaria inchiesta di Marco Lillo comincia a rimettere le cose al loro posto. Renato Schifani, il presidente del Senato, la seconda carica dello Stato, prima di entrare in politica e almeno sino a otto anni fa, aveva tra la clientela del suo studio legale palermitano molti personaggi processati e spesso condannati per fatti di mafia. Non è un reato, ma è un fatto su cui sarebbe utile aprire una riflessione. Schifani, che due boss di Cosa Nostra di alto livello come Nino Mandalà e Simone Castello definivano in una loro celebre conversazione come "il senatore di Corleone" (quello era infatti il suo collegio elettorale), assisteva come civilista mafio-imprenditori nella stesura di contratti, nelle controversie al Tar e, qualche volta, nei rapporti con la pubblica amministrazione. Trovare tracce documentali del suo curriculum non è però semplice.
Il Fatto Quotidiano ha cominciato a lavorarci e le sorprese non sono mancate. Oggi abbiamo pubblicato un primo lungo articolo che ci racconta come Schifani, nelle sue vesti professionali, abbia fatto di tutto per consentire la costruzione di un grande palazzo abusivo edificato con il contributo di molti tra i maggiori capomafia palermitani: dai Bontade, a Pino Guastella, dai Lo Piccolo fino ai Madonia e i Pullarà. La storia di quei nove piani di cemento diventa così esemplare per capire la mafia e l'antimafia.
Anche perché intorno al palazzo, come scrive Lillo, il destino di Schifani s'incrocia con quello di Paolo Borsellino: “Il primo (prima che le procure e i tribunali accertassero le responsabilità del costruttore corruttore e mafioso) ha messo a disposizione la sua scienza per sostenere il torto del più forte. Il secondo, nei giorni più duri della sua vita, ha trovato il tempo per ascoltare le ragioni dei deboli. Quel palazzo è infatti ancora in piedi anche grazie anche ai consigli legali, ai ricorsi e alle richieste di sanatoria dello studio legale Schifani-Pinelli del quale il presidente del senato è stato partner con l'amico Nunzio Pinelli negli anni chiave di questa vicenda, prima di lasciare il posto al figlio Roberto. Mentre Schifani combatteva in Tribunale per Lo Sicco (il costruttore ndr), il giudice Paolo Borsellino trascorreva le ore più preziose della sua vita per ascoltare le signorine Pilliu: due sorelle che tentavano di opporsi allo scempio edilizio”. L'inchiesta di Lillo è dunque una fotografia precisa dell'Italia dei nostri tempi. Purtroppo.
Leggi l'intervista di Marco Lillo: Schifani e il palazzo abitato dai boss
via AnteFatto
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sabato 21 novembre 2009
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