Il Belpaese presenta un debito pubblico di 1757,534 miliardi di euro, numero che non solo non vuole calare, ma neanche arrestarsi. Tutti però continuano a dirci di non preoccuparci, però nel frattempo la Camera dei Deputati è costretta a chiudere temporaneamente i battenti perché manca la copertura finanziaria dei progetti licenziati dalle apposite commissioni: chi deve fare le leggi non può adempiere al suo dovere perché non ci sono i soldi, cosa mai avvenuta prima e confermata non dai comunisti, ma dallo stesso ministero dell’Economia che, cercando di bloccare l’ala spendacciona dell’attuale governo, ha bocciato l’ipotesi del taglio dell’Irap proprio per la mancanza di fondi che possano andare a coprire le mancate entrate della tassa.
In realtà il portavoce del governo, Paolo Bonaiuti, ha sminuito la portata di tali affermazioni dicendo che il taglio dell’Irap è solo rinviato all’arrivo dei soldi derivanti dallo scudo fiscale, quelli che dovrebbero garantire le entrate nelle casse dello Stato. Peccato però che lo scudo fiscale debba già andare a coprire la riforma dell’università («I fondi per la riforma arriveranno dallo scudo fiscale», ha detto il ministro Gelmini) e che, a quanto pare, non saranno poi tantissimi. Ci sarebbe poi da aprire il discorso sul come un governo provi a nobilitare il provvedimento salvaladri dicendo che serve all’istruzione (lo Stato finanzia la formazione con i soldi rubati), ma non è il caso di approfondire...
Lasciando da parte gli argomenti economici, ci spostiamo sulle istituzioni italiane. Questa settimana abbiamo appreso che buona parte di quelle politiche è sottoposta a ricatto: i dossier girano nelle redazioni dei giornali e nelle segreterie di partito in attesa dei tempi giusti per uscire. Si dirà che si va avanti così da una vita, ma solo in queste ultime settimane la lotta delle notizie riservate sta tenendo il ritmo di circa un dossier/video/rivelazione al giorno. Eppure basterebbe poco per eliminare questo modo di fare politica: sarebbe sufficiente avere persone serie al potere, e non uomini facilmente minacciabili per le loro debolezze o, peggio, malefatte.
Troppo difficile in un Paese nel quale non ci si può fidare neanche delle forze dell’ordine. Non tutte, sia chiaro. Però sappiamo per certo che a fare le trattative con la mafia sono stati i carabinieri, lo stesso ramo delle forze armate che, con altre «mele marce», ha ricattato quel pirla di Marrazzo; abbiamo visto cos’è successo al G8 di Genova nella scuola Diaz, come ha agito la polizia; stiamo assistendo increduli alle notizie sulla morte di Stefano Cucchi, che stanno godendo di una copertura mediatica ignota invece ai casi Aldrovandi, Bianzino e molti altri.
Il tutto avviene nel silenzio generalizzato dell’informazione e, soprattutto, nell’indifferenza degli italiani, i veri responsabili dell’abisso in cui stiamo precipitando: quelli che se ne fregano di tutto ciò che non li riguarda direttamente o, meglio, che credono che non li riguardi in prima persona; quelli che non si informano, che si fermano a ciò che sentono dire in tv, che non hanno una minima memoria dei fatti; quelli che, da perfetti ignoranti, non sanno nulla di come funzioni una normale democrazia, non ne conoscono le basi e che credono alle tante balle che ci vengono propinate ogni giorno, da destra come da sinistra. Quelli, in sostanza, che si curano solo del loro orticello e basta.
Lo ha spiegato benissimo Beppe Grillo in un vecchio post del 10 giugno 2008: «Sotto la superficie c’è l’italiano. Che tira a campare. Che non legge, non si informa, ed è, per dirlo con una bella parola, un ignorante. Sotto la superficie c’è sempre un veneto, un siciliano, un valdostano, non un cittadino italiano. La solidarietà si ferma alla porta della regione, del comune, del condominio. Sotto il fallimento dell’Italia, il suo fallimento economico, ma soprattutto morale e etico c’è l’italiano. Una volta era solo l’italiano medio, ora è anche il medio alto e il medio basso, il medio sinistro e il medio destro. Ogni giorno ci sono nuovi sintomi, nuovi delinquenti, nuove leggi vergogna. Non siete stanchi di rincorrerli? Fermatevi, guardatevi allo specchio e dichiaratevi colpevoli». Assolutamente d’accordo: è l’Italia, bellezza.
via Bile
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