mercoledì 4 novembre 2009

Morire di carcere


Potrebbero sembrare piccoli vagoni di un treno addossati e ammucchiati, di quelli che spereresti potessero ripartire da un momento all’altro, finiscono per essere solo dei contenitori di materiale antropomorfo altamente pericoloso. Le celle delle carceri si stanno restringendo fino all’implosione, una di quelle emergenze scomode più facile da ignorare che risolvere. Tra le budella di queste voragini ci si smarrisce fino a morirne. In costante aggiornamento il bollettino dei suicidi, numeri che s’aggiungono ad altri numeri, l’ultimo è accaduto a Verona, Domenico Improta, appena 29 anni è riuscito ad evadere nell’unico modo che gli è riuscito, impiccandosi. Prima ancora la brigatista Diana Blefari Melazzi, accusata dell’assassinio di Marco Biagi, si è impiccata nel carcere di Rebibbia approfittando della distrazione della polizia penitenziaria. Così i suicidi salgono a 61 dall’inizio dell’anno a fronte dei 300-400 tentati suicidi registrati nello stesso periodo, 20 in più rispetto al 2008.NUMB3RS – In totale i decessi dall’inizio del 2009 sono stati 146, secondo i dati riportati dall’Associazione «Ristretti Orizzonti» per il dossier «Morire di Carcere». Questi vagoni di cemento armato viaggiano alla media di 150 morti all’anno dal 1992, un terzo dei quali suicidi, la restante parte per difficili “cause da accertare”, ad esempio cadute accidentali, come per il caso di Stefano Cucchi, autolesionismi, scioperi della fame, violenze difficili da giustificare che finiscono nell’oblio di una porzione di mondo che sembra sospeso al di là di ogni legalità o diritto. I suicidi riguardano prevalentemente i detenuti più giovani, due dei dieci morti di carcere del 2009 che si sono suicidati avevano solo 19 anni. Non si muore per malattia in carcere, ma per disperazione. Ad aumentare la percentuale di suicidi le difficili condizioni del carcere duro (art. 41 bis) nei cui gironi infernali l’umanità tende a raggiungere il grado zero. La polizia penitenziaria diventa essa stessa parte di quella dannazione, di quel supplizio, costretta a turni anche di 12 ore, carnefici e vittime finiscono per confondersi i ruoli. Emblematico ed inquietante il contenuto della registrazione di un dialogo tra due guardie carcerarie del penitenziario di Castrogno, riportato sul quotidiano di Teramo e provincia, La Città. «Abbiamo rischiato una rivolta eccezionale, una rivolta… » così una delle due voci mentre di risposta l’altra cerca di mostrarsi all’oscuro dell’accaduto. E ancora il primo ribadisce: «Ma se lo sanno tutti, in sezione un detenuto non si massacra, si massacra sotto». Ciò che è grave dunque non è l’aver massacrato di botte un detenuto, ma l’averlo fatto in presenza di potenziali testimoni.

REGOLE – Peccato che l’articolo 13, comma 4, della Costituzione punisca ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà mentre l’art. 27 sancisca che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. «Abbiamo rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto…». Il caso in questione è oggetto di un’interrogazione parlamentare da parte della radicale Bernardini che ha chiesto al Ministro della Giustizia Angelino Alfano l’accertamento delle responsabilità sulle presunte violenze avvenute nel carcere di Castrogno. Se le brutalità e le violenze che avvengono in carcere non siano solo casi isolati, ma una sinistra prassi usata dalla Polizia Penitenziaria questo è l’interrogativo che suscitano i dati emersi dal dossier «Morire di carcere» e gli ultimi episodi di cronaca. E indubbio che il sovraffollamento delle carceri renda l’esasperazione di quei luoghi insostenibile, talvolta aggravato dalla carenza di figure professionali, come educatori e psicologi. Il popolo dei detenuti in Italia, stando ai conti del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del Ministero della Giustizia, ammonta a 64.979 unità, rispetto ad una capacità delle strutture di accoglierne circa 43.000. E sono dati che tendono ad aggravarsi considerando che a fronte dell’aumento costante dei detenuti, a diminuire per effetto dei tagli della Finanziaria sono gli agenti di polizia penitenziaria che dall’inizio dell’anno sono passati da 39.156 a 38.549 negli ultimi mesi, con una scopertura dell’organico del 15% , percentuale che in talune regioni è anche più allarmante.

COSA FARE? – Se non verranno presi dei provvedimenti sull’emergenza del sovraffollamento delle carceri nel 2012 il trend costante di crescita della popolazione carceraria potrebbe raggiungere la cifra record di 100.000 detenuti, con un gap di oltre 40.000 posti letto in più rispetto alla capienza limite. «Oltre il tollerabile» infatti è il titolo del Sesto rapporto sulle carceri dell’Associazione Antigone. Oltre a mettere in evidenza la difficile condizione di sovraffollamento e degrado il rapporto avanza una proposta di legge composta da tre articoli: 1) abrogazione della norma della legge sull’immigrazione che prevede la carcerazione per chi non ottempera all’obbligo di espulsione; 2) abrogazione dell’articolo 73 della legge sulle droghe che prevede pene severe per lo spaccio di sostanze stupefacenti; 3) abrogazione delle norme della legge ex Cirielli che prevedono inasprimenti di pena e esclusione dai benefici per i recidivi. Una legge che consentirebbe, in attesa della costruzione di nuovi istituti di pena sul territorio, un provvisorio tampone per l’insostenibilità dell’attuale emergenza in atto.

via Giornalettismo

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